Attualità

Questione di testa

pubblicata il 01.07.2013

Anche l'occhio vuole la sua parte. È una verità ormai scolpita sulla pietra, verificabile tutti i giorni. Il primo senso che entra in contatto con il cibo è infatti la vista ed è da lì che parte il meccanismo della percezione del cibo. Solo in seguito entrano in gioco l'olfatto e il gusto - e in qualche caso il tatto e l'udito - ma è dalla vista che iniziamo a giudicare un piatto, più o meno inconsciamente. Basta pensare ai bambini e al loro accettare o meno una pietanza, verdure in testa, sulla base di come gliela presentiamo e di come decoriamo un piatto: anche la minestra più sgradita può diventare una prelibatezza, aggiungendo una buona dose di componente ludica. Ma non sono solo i bambini ad essere influenzati dalla preparazione del piatto. È sufficiente frequentare qualche ristorante per accorgersi di come dietro ad ogni portata ci sia un lungo percorso di scelta di ingredienti, cotture, ma anche di disposizione dei vari componenti sul piatto, oltre che delle stoviglie più adatte per valorizzarlo. Lo hanno rilevato, con un approccio decisamente più scientifico delle mie riflessioni, anche Charles Spence, Vanessa Harrar e Betina Piqueras-Fiszman, ricercatori del Dipartimento di Psicologia  dell'Università di Oxford. In una ricerca, pubblicata sulla rivista Flavour, gli autori hanno infatti indagato la correlazione fra tutto ciò che non è cibo (stoviglie e ambiente in particolare) e la percezione sensoriale degli alimenti da parte delle persone. Le conclusioni sono bizzarre, eppure interessanti. La ricerca ha rilevato che il nostro cervello è fortemente influenzato dalla stoviglie utilizzate: colore, materiale, tipologia e spessore. Ad esempio il cibo viene percepito più denso, più dolce, e pure più costoso se mangiato con un cucchiaio di plastica; utilizzare invece il coltello per portare il cibo alla bocca lo fa percepire più salato. Ma a influenzare il nostro cervello pare essere soprattutto il colore. Così uno yoghurt mangiato con un cucchiaino nero viene percepito come meno dolce rispetto allo stesso yoghurt mangiato però con un cucchiaino bianco. Un dessert servito su piatto bianco viene invece percepito più dolce rispetto allo stesso, ma servito su piatto nero, mentre il colore rosso del piatto pare ridurre l'appetito delle persone. L'esperimento potrebbe dunque avere anche dei risvolti pratici, se i risultati fossero applicati a persone costrette a seguire regimi dietetici particolari. Oppure potrebbe aiutare gli chef nel percorso sensoriale che desiderano far fare agli ospiti. Dopo la cucina molecolare, la cucina psicologica.

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