Attualità

Ricci | Cos'è esattamente? [Fornovo Part I]

pubblicata il 31.10.2011

Cos’è esattamente? Un vino. Ci sono alcune regole. La più importante è il detto milanese ofelé fa el to mesté – pasticciere fai il tuo mestiere. Vale a dire: parla delle cose che sai. Non ho quindi intenzione di mettermi a pontificare sul vino, piuttosto mi faccio segare le mani col flessibile, specialmente dopo anni passati ad impallinare inesattezze birrarie sul web. Mi concedo però qualche bicchiere ogni tanto, per quel che ci posso capire. Prendo la mia Alfa, macino km ed eccomi a Fornovo per Vini di Vignaioli, rassegna di vini cosiddetti naturali. Non sono di quelli che teorizza la superiorità della Natura sulla Tecnica o viceversa, sono agnostico, o meglio non intendo allocare risorse intellettuali alla diatriba. Dovrebbe essere il bicchiere a parlare, sempre. Produttori interessanti ce ne sono, ed io ho semplicemente sete. Sono animale da sottobosco birrario, un ambiente leggermente differente: più giovane, più scanzonato, diversamente fighetto, ahimè quasi esclusivamente maschile. Invasati e superstar di vario genere non mancano nemmeno lì, ma la segmentazione umana è nettamente inferiore, vale a dire: meno sette di iniziati o sedicenti tali, spesso siamo semplicemente degli esauriti. Quando penso ad un vignaioulo penso alle mani nere e callose di Walter Massa e devo dire che a Fornovo ce n’erano, c’era l’amore cristallino per la propria terra e per la sua interpretazione. C’erano anche professionisti del bicchiere che sanno porsi in maniera umana senza vestire i paramenti – cito uno degli autori di questo blog da cui ho orecchiato qualche informazione sui suoli della Champagne mentre mi riempivo di bollicine. Giocoforza però la scena che mi è rimasta è questa. C’è un banchetto chiuso per pranzo ove vorrei fare qualche assaggio. Al terzo giro finalmente ha aperto i battenti. Ci sono 4 o 5 stanziali davanti, dopo un poco mi incuneo come una spina – gli stanziali non si scansano neanche usando la dinamite – bicchiere alla mano. Se la stanno contando su, la discussione verte su come le ostriche vadano mangiate masticandole per bene, senza inghiottirle subito. Ad un certo punto ne arriva anche qualche piattino, insieme ad una bottiglia di bianco spumeggiante. Attendo paziente il mio turno. Ad un certo punto il vignaiuolo con la cuffia – faceva mica freddo, mi sudava la pelata per lui –  si volge verso me e mi fa con un mezzo sorriso: “Come mai qua?”. Io lo invito a guardarsi attorno, dopodiché gli faccio presente che sarei lì per assaggiare vino… In effetti hai ragione anche te… Vuoto due bicchieri. Lo scambio deve averlo incuriosito perché abbozza un sorriso e mi fa “Sai, noi siamo così…”. Ricambio. Nel frattempo si continua a divorare ostriche, ne osservo uno che mastica pure con le meningi. Alla fine mi si allunga anche un bicchiere del supercru sotto banco: tutti vini eccellenti, da applausi, meritati i premi. Ringrazio e saluto. Chissà perché mi torna alla memoria la prima volta in cui ho parlato con Teo Musso, Salone del Gusto 2004 con tutta la batteria di Xyaoyu. Ce l’aveva con un tizio che scriveva su internet. Quel tizio ero io. Dopo la verticale comprensiva di Xiaomei mi fece scegliere una bottiglia regalo. Teo Musso è sempre stato un passo avanti a tutti, vignaiouli compresi. A riconciliarmi con le mani callose ci pensa Franco Terpin. Delle sue risposte fulminanti me ne sono segnata una soltanto. Chiede la spaurita aiuto enotecaria del luogo mentre afferra il bicchiere: cos’è esattamente? Risposta: un vino.

Condividi

LEGGI ANCHE