"Non riuscivo a condizionare il mio istinto. Volevo poter vivere di quello che mi piaceva. E non dover fare ciò che non amavo.”Al secondo anno di medicina lascia gli studi e parte per quel viaggio lungo un anno, in Africa, che “mi aiutò a capire che dovevo essere il protagonista della mia vita”. Rientrato a casa trova subito lavoro, “vendevo di tutto, aspirapolveri nelle case, macchine per ufficio...", e poi diventa rappresentante d’apparecchiature mediche.Con il 1981 arriva il colpo di fulmine con un posto speciale. All’epoca conciato male male, ma tanto speciale che non se lo fa scappare: sente che è arrivato “il momento di cimentarmi finalmente con le mie vere aspirazioni.” Ed è proprio con "Le Macchie", la sua nuova ma vecchia fattoria, che comincia la vera avventura.Il necessario per la sua ristrutturazione comporta tanta fatica, forza d'animo, gran tenacia e coraggio. Perchè la fine dei lavori è spesso lontana e incerta e la sua famiglia non crede nel suo progetto. Il peso delle “poche voci incoraggianti” è una bella lotta, affatto facile. Per fortuna c'è la sua dolce metà Fabrizia che gli è vicino, lo sostiene, incoraggia e condivide il suo sogno.E’ il 1984, un anno di pieno movimento per lui. Si sposa, lascia il lavoro e acquista una tabaccheria a Livorno che nel giro di tre anni gli regala un bel guadagno. Che tradotto in sogno significa poter seriamente “pensare di inventare il modo di vivere con le opportunità” offerte dalla tenuta.E così, pian piano, nasce l'agriturismo e il terreno circostante inizia a fruttare una piccola produzione agricola da cui attinge un'altrettanto piccola ma curata ristorazione. Poi arriva l’allevamento di cavalli e nel 1989 ecco concretizzarsi una grande scelta ideale.“Avevo deciso di lasciare la città per vivere in campagna e l'idea di costruire una porcilaia in cemento dove richiudere degli esseri viventi contrastava con il nuovo stile di vita che volevo costruirmi". Sceglie quindi di allevare una delle poche razze idonee alla vita semibrada, che ai tempi "era stata progressivamente abbandonata dagli allevatori locali a favore di altre razze più adatte a una produzione intensiva” e che oggi, soprattutto grazie a lui, gode di una fama sconsiderevole. La cinta senese.Anche agli altri nuovi abitanti della fattoria, galline livornesi, capre e angus, offre il massimo comfort: vitto e alloggio si traducono in stato semibrado e alimentazione ad hoc più che curata.Tutte attenzioni che portano a un lunga lista di prodotti dalla qualità estrema: salame, lonzino, capocollo, lardo, guanciale, pancetta, carne fresca, prosciutto cotto e crudo di cinta senese, carni di angus, uova di gallina livornese. E collaborazioni prestigiose.Da quelle con altri artigiani del cibo che condividono con lui la stessa filosofia di non-intervento sulla natura; a quelle con Oliviero Toscani, perchè “andiamo controcorrente senza pensare a quelle che, commercialmente, possono essere le conseguenze del nostro lavoro; per non parlare dei migliori chef d’Italia (tra i tanti Scabin o Bottura) che scelgono quotidianamente di portare in tavola i suoi prodotti; e poi ai canali di distruzione di esclusiva eccellenza, come Esperya.com e Olio&Farina, che gli permettono d'esser ovunque lo si desideri.Tutto ciò è stato possibile perchè “Bri ed io abbiamo sempre avuto l’ossessione di fare le cose meglio. Questo ci ha sempre fatto allungare la strada e reso le cose più difficili.”“Ho creato dal nulla la mia casa, la mia professione e la mia passione, cominciando sempre ogni cosa da zero. Ho imparato sul campo, con fatica, tutto quello che riguarda la terra, i suoi frutti e i suoi animali. E ho capito che come uomo potevo seguire la natura, invece di sfruttarla, magari aiutandola di tanto in tanto per perfezionare il suo lavoro”.“Oggi sono un papà, un allevatore, uno a cui piacciono le cose buone, non sono disposto a scendere a compromessi. Sono uno che non riesce a fermarsi a contemplare quello che ha fatto, ma che prende ispirazione dal suo passato per cercare nuove sfide da vincere.”Ed è un gran bene che oggi Paolo Parisi sia quell'allevatore eretico “ancora alla ricerca di qualcosa di nuovo (e delizioso) da inventare”.