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San Fereolo: Verticale breve di Langhe Rosso Austri

pubblicata il 17.12.2014

A Dogliani, sulla collina s'incista la cappella votiva del Santo Fereolo. Nella casa-grotta impalmata di libri, memorabilia e parafernalia innuemeri, Nicoletta Bocca parla con le sue grandi botti. Le ascolta. Sussurra, mentre spilla quel quarto di bicchiere in cui saprà indagare il respiro stesso del vino.

Sperde lo sguardo glacido - allora sì che pare il suo avatar indomito, il corsaro Capitano Brocheart* - e ricava le linee rette che conducono a vini senza punti interrogativi. Restìa a conficcarsi in un conclave, che sia naturale o naturista, granitica nel perseguire le sue convinzioni, imbottiglia rossi volitivi e un bianco da batticuore, quel Riesling-Traminer delle Coste di Riavolo che dopo qualche anno prende il volo e abbandona questo mondo per atterrare in un Ade enologico riservato ai grandi.

Invece qui la Barbera si fa carne e sangue, ed invecchia recalcitrando al punto che i millesimi si distinguono, alla pari, solo per sfumature. La linearità e integrità dell'Austri è mirabile: per dire il colore, privo di esitazioni. Forse solo l'annata più vecchia rileva ad un osservatore particolarmente occhiuto una traccia bruna più intensa, una velatura più accentuata. Quasi monolitica, se non fosse per quel senso di staticità che la parola contiene e che non appartiene affatto a questo Langhe Rosso.

Eccoli. Inutile arrovellarsi sul colore, è indistinguibile, sanguigno, venato di blu.

 

2007 - Frutto e verde, nel naso. Deciso e delicato, che sembrerebbe un contrasto insanabile: invece. Sotto il frutto rosso, sopra erbe aromatiche tra cui un'intuizione di rosmarino. Caffè, linea letta e persistente. Finale interminato. Assaggio assetato, guarnito di tannini ammirevoli per compostezza e definizione, stagliati sull'alcool di non banale presa. Polpa, che diventa generosa nel finale. Quasi lubrìca. L'ultima virgola è più antica, con appena una velatura di maturità. Una lacrima di dolcezza che è quasi tattile. Tenace.

2006 - I colori scuri prendono il sopravvento. Il caffè torna e prende possesso del centro della scena. Tutt'attorno fondi di pentole usate molto, casseruole da arrosti, qualche manovellismo metallico, la gomma di lavoro. L'assaggio è più secco, la vibrazione asprigna rinuncia alla latitanza e maritandosi con l'aria sgomina le bollenze e slaccia i tannini, pronti a devastare con una presa rapida del palato, ma assai testarda. Il sorso, pur impunturato d'alcole, si fa freddo, quasi dissetante. Il finale è curiosamente mentolato, quasi più ardente del millesimo più giovine.

2005 - Quasi dieci anni issano l'Austri verso una scapigliata maturità. L'afflato rotondo s'aggrappa al primo alito, ma l'istante successivo è già l'ora di una brezza d'agrume. Amaro, essenziale. Le tinte scure si nascondono nel finale, più austero, meno evocativo del fratello giovine. Forse il cioccolato, ma una sensazione generalmente meno comunicativa, più ritrosa: per ombrosità e non per timidezza, come quei tizi che saprebbero cosa dire ma si trattengono, per puntiglio. All'assaggio il sorso supera di slancio ogni perplessità, fulminando la volta del palato con una tensione che ha momenti quasi elettrici. S'assottiglia, verso il finale, scoprendo una corda tesa e vibrante attorno a cui si esprimono tannini traslucidi, non privi di una forza espressiva che lascia tatuaggi.

Per non sbagliare, conviene farne buona scorta: assaltare il vascello fantasma del Capitano e portarsi via il carico, per la gloria della filibusta.

*Per chi non lo sapesse, il Capitano Brocheart è l'alter ego di Nicoletta Bocca, e l'accompagna dei suoi viaggi attorno al mondo. Del vino e non.

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