Attualità

Sennori SS | Calici di Stelle

pubblicata il 12.08.2010

Dubito che ci sia un disegno celeste dietro le coincidenze: soprattutto se il disegno celeste deve in qualche modo giustificare coincidenze che accludono la mia insignificante persona. Eppure non appena calcato il suolo sardo, banda Golfo dell'Asinara, apprendo che Sorso è la "città del vino" e che la manifestazione si chiama Calici di Stelle. Un caso di formidabile pregnanza, laonde non posso mancare. Credo che il territorio che sto calpestando si chiami Romangia, ma non ci scommetterei la mia ultima bottiglia. Nome per la verità che non sfavilla di originalità, così come la storia di intitolare un posto a qualcosa vien in stufo: vedi Viano di Reggio Emilia, reboantemente chiamata "città del tartufo" a contenere almeno tre inesattezze. La serata è organizzata a Sènnori, con l'accento sulla "e" come si usa spesso sull'isola, a ulteriore testimonianza di una sottile ed inesasuta alienità. Prevede l'acuisto di un bicchiere, corredato di tasca, l'assaggio di tre, cinque o sei vini con un ticket da 8, 10 e 11 europei e una passeggiata nelle ritorte vie del centro storico, con "degustazione di pesce" e "di carne", infine di "moscato e dolci tradizionali sardi". L'approccio è super professionale: roba da manifestazioni da enofanatici: bel calice ampio serigrafato dal comune, tasca-tracolla, itinerario stampato su carta patinata eccetera. Poi andrà diversamente, e sono ancora a domandarmi quale obiettivo si sono posti gli organizzatori. Di allegria ce n'è tanta, e di gente pure: all'assalto dei banchetti transennati per avere un vassoio di carta argentata con uno zinzino di polpo e patate, o di carne di pecora in umido, o porcetto, per la verità uno dei migliori mai assaggiati. Oppure tre-dolcetti-tre, grazie e arrivederci. Certo non sei lì per l'ingozzo, ma le condizioni sono impervie: un fiume di folla a gomiti piantati nelle trippe non è la situazione migliore per "degustare". Però si tende  tende il calice chiedendo "mettine ancora un po' , dai" mentre le razioni di mescita sono molto, molto più generose di qualsiasi altra abbia mai visto. Più una vera e propria bicchierata che una degustazione.
Ma con ordine. L'obiettivo era forse valorizzare i vini del territorio di Sennori? Ecco allora tre banchi di mescita dove i coppieri ti guardano stralunati se chiedi cosa stai bevendo, e ti rispondono sommariamente se vuoi approfondire: com'è fatto il vino, da dove viene, dove vuole andare. Il vino proposto è - a quanto è dato di capire - quello sfuso, il vino del contadino: imbottigliato per l'occasione in flacons etichettati "calici di Stelle" da produttori poco orientati alla comunicazione, anzi nulla. Peccato, perchè tra questi calici ruspanti, spesso rustici se non rasposi qualcosa di buono c'è, e meriterebbe altro palcoscenico: uno su tutti, Salvatore Ogana di cui non ho avuto notizie uleriori se non un numdelcell, neppure da Fratello Gùgol. Ecco i vini che lo scriba ha eroicamente assaggiato, tra carrozzine arrotate sulle caviglie e petti immensi e abbronzati conficcati tra le scapole.Salvatore Ogana: Vermentino. Giallo fitto, vagamente ossidato, rustico nel naso ma diritto e  composto, una nota dolce come di moscato su tutto, frutto maturo e giallo. Sotto un tappeto balsamico-boschivo, di macchia. Bocca liscia e decisa, con attacco subito verticale. Secchissimo, quasi distillato, mano ruvida e potente. Ma buono-buono.Giacomo Urgeghe - Vermentino. Leggero al naso, anche chiaro, glaciale e rimbalzi di fondo di pozzo. Corretto il sorso anche se non troppo vivo: di carattere. Piallata la bevuta, con il mezzo poco rilevato, fresco come di menta, e tenuto.Francesco Sara - Cannonau. Da uve surmature e passite, che per essere bevuto deve essere refrigerato. Omidicida il grado alcoolico, sui 17, con quel naso corteccioso, ferroso, mentre la'ssaggio ha una raspa micidiale di tannini taglienti. Bevuta di indubbio impegno per un bicchiere che ha tratti epici.Mario Canu - Cabernet. Naso stretto e austero, anzi scontroso nell'andare un po' cotto. Più forza che racconto negli aromi, mentre l'assaggio fitto d'alcool è altrettanto aggrappante, poderoso fino ai limiti del controllo. Bevuta grossa.Salvatore Ogana - Cannonau. Curiosissimo il naso, refrigerato, che ricorda un sentore dolceforte, come quello del tè alla pesca tra i fiori rosa e il succo di mirtillo. Quasi un succo di frutta. Bello l'assaggio con tannini levigati e corpo asciutto, e quel finale nocciolato, ben fatto.Moscadello. Servito senza nome nè altre info, è il moscato passito della zona, forse il miglior vino della sera. Naso prorompente di frutta secca, fichi, ma deciso con garbata botta d'alcool. Ecco poi il sorso untuoso, mieloso e denso, succoso e polpacciuto. Quasi tagliente di dolcezza il bel finale irradiante.Ecco, se la manifestazione era destinata a raccontare il territorio attraverso i suoi vini, magari il bersaglio è centrato: ognuno di questi bicchieri ti regala un'epopea. Se l'obiettivo era valorizzare produzioni destinate al commercio invece, no. Se infine il target era riempire le strade di indigeni e forestieri, mischiando abbronzature ad alta pressione e passeggiata locale allora il centro è perfetto: alta affluenza, struscio compatto fino alla compressione, e sbevazzamento a garganella. Perchè di voglia, entusiasmo e partecipazione se n'è viso a bizzeffe, sia da parte degli organizzatori che dei tanti impegnati ai banchi di "degustazione".Ma ahimè, le degustazioni sono altra storia.

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