Siamo pronti a mangiare insetti?
La molla oggi è la curiosità, domani potrebbe essere l’esigenza di trovare alternative per sfamare gli abitanti della Terra. Da tempo si parla degli insetti come del cibo del futuro. Ma quanto è vicino questo futuro in Italia? Abbiamo cercato di capirlo.
A che punto siamo con gli insetti Della comparsa nella nostra dieta di insetti edibili si parla con una certa insistenza dall’Expo del 2015. L’Esposizione Universale di Milano più che luogo di assaggi (resi difficili causa il divieto in Italia di mangiare insetti) è stata l’occasione per sdoganare un tema culturalmente difficile da digerire nel nostro Paese. All’Expo, ad esempio, è stato presentato il “Libro bianco sugli insetti commestibili”, che raccoglie esiti di studi di diversi ricercatori e università per orientare gli organi legislativi italiani e comunitari e promuovere lo sviluppo delle ricerche in materia.
Da allora ci sono state due importanti novità, fermo restando che ancora nessun locale pubblico in Italia può metter coleotteri e formiche in menù. La prima è l’inserimento a livello comunitario degli insetti nell’elenco dei “novel food”, cioè dei nuovi alimenti o ingredienti non consumati in Unione Europea in misura significativa prima del 15 maggio 1997, data in cui è stato adottato il regolamento. Per immettere uno di questi alimenti sul mercato occorre l'autorizzazione della Commissione Europea. Servono studi per garantirne la sicurezza, certo, ma si tratta di un primo riconoscimento che fa pensare a prossimi cambiamenti legislativi.
L’altra novità è l’opinione espressa dall’Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, sugli eventuali rischi derivanti dalla produzione, trasformazione e consumo di insetti. Secondo l’Efsa la presenza di pericoli biologici e chimici nei prodotti alimentari e nei mangimi derivati da insetti dipende da come vengono nutriti, dalla fase del ciclo di vita in cui vengono raccolti, dalle specie di insetti, dai metodi utilizzati nella loro trasformazione. Se nutriti con sostanze per mangimi autorizzate “la potenziale insorgenza di pericoli microbiologici è prevedibilmente simile a quella associata ad altre fonti di proteine non trasformate”.
Ma perché dovremmo mangiarli? I sostenitori dell’introduzione degli insetti per l’alimentazione anche umana citano due ragioni: hanno un corredo nutrizionale di tutto rispetto (sono ricchi di proteine, acidi grassi insaturi e minerali); rappresentano una soluzione sostenibile per l’ambiente. La Fao da tempo spinge sul loro potenziale come fonte di cibo nutriente e facilmente reperibile, in vista dell’incremento demografico del nostro Pianeta (si stima che nel 2050 saremo più di 9 miliardi). L’Efsa stessa sottolinea che l’uso di insetti come fonte di alimenti e mangimi “ha, potenzialmente, importanti benefici per l’ambiente, l’economia e la sicurezza della disponibilità alimentare” e cita mosche, larve della farina, grilli e bachi di seta.
D’altra parte cibarsi di insetti non è certo una novità per l’uomo, né storica né geografica. Oggi due miliardi di persone li contemplano nella dieta. Se ne mangiano 1.900 specie; ai primi posti ci sono coleotteri e bruchi; poi api, vespe e formiche; cavallette, locuste e grilli.
Ora, se l’Italia da un punto di vista normativo è rimasta ferma, in attesa di sviluppi normativi europei alcuni Paesi si sono mossi in anticipo. Belgio, Francia e Paesi Bassi hanno fatto valutazioni del rischio connesso agli insetti come alimenti o mangimi. Basta navigare in rete per riscontrare quanto sia facile trovare siti in cui si vendono prodotti a base di insetti provenienti da altri Paesi: barrette energetiche a base di grilli e scorpioni ci tentano a distanza di un click. LEGGI ANCHE >> L'approdo degli insetti sulla tavola degli italiani
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