Attualità

Sorgentedelvino | Fulminini e folgorazioni, su sfondi di pioggia persistente.

pubblicata il 08.03.2012

Facce contente: quelle dei produttori che si sono venduti anche le riserve personali, e quelle dei visitatori: che qualcosa di buono devono pur averlo assaggiato. Anche troppo, dicevano alcune facce rubizze del pomeriggio, seminando occhiatacce e più di qualche imbarazzo. E tutta quella pioggia richiedeva di scaldarsi al calore dei vini di Agazzano, dove sono precipitati dai più disparati pianeti enologici i più disparati progetti vinosi. Qualcosa me lo sono portato via.
Più di tutti la terzina di verticali di Rocca del Gatto, dalla Liguria con furore. Letteralmente. Piglio iconoclasta, parlata arrotolata e approccio glabro e sbrigativo, ecco la selezione degli stupefacenti Pigato e Vermentino, dal '10 al '4 in progresso di compiutezza, maturazione ed espressività. Vini che con il tempo acquisiscono profondità e complessità, quei colori dorati da inebriare e quei profumi petrosi, schietti, imperiosi. Quasi più da amore a prima vista i due vini "piccoli" che poi piccoli non sono, visto che tengono la battura senza prevedibili segnali d'appannamento almeno per i primi 7 anni di vita. Formidabile anche la selezione "Spigau", a tratti ripiegato sotto il peso della propria personalità.
Più di tutti la terna di bianchi di Nino Barraco, che stenterei a scegliere anche sulla sommità di una torre dove c'è posto solo per uno: il magnifico Cataratto, il nervosissimo e sferzante Zibibbo, il silenzioso ma comunicativo Grillo. Anagrafe 2010, con l'enormità del tempo che li aspetta, ma già pronti a schiaffeggiare le papille al suono esotico di mille spezie.Al termine della giostra, in cui le mani da stringere e i sorrisi da sorridere sono più inebrianti del poco alcool che sopravvive alla strage delle sputacchiere, ti ricorderai anche di una atmosfera effervescente, ammantata di un brio e di una elettricità che solo un osservatore distratto potrebbe scambiare per tensione. In realtà è la comunione degli intenti che vibra per simpatia, e se da un lato molti degli operatori si ritrovano tanto che nel ricorso degli anni si avverte una sorta di liturgica ripetitività degli eventi, dall'altro fa giuoco il movimento: vino buono, vino da bere.
Nel taccuino, le note frettolose prese all'impiedi per ricordarsi qualcosa di più la prossima volta: i fiori gialli dei bicchieri di Selvadolce, con camomille e ginestre a rinverdire i suoi pigato Rucantù e Crescendo, il vermentino VB1 ancora vegetabile, teso e vibrante; la bella epifania del rustico ma veridico Cirò Aris '9 di Sergio Arcuri: pochi filari vinificati alla vecchia per un un bicchiere dai tannini roventi, liberi e belli; le belle sorprese di POrta del Vento, che sale dalla Sicilia un sorprendente Metodo Classico di Cataratto, Mira, secco, salato, nervoso, e suoi Cataratto fermi che trovano la via della maturità dopo qualche anno, con quel '7 in forma smagliante. Porta del Vento ti riconcilia anche con il Nero d'Avola, che dal millesimo '10 ha già un suo senso compiuto, frutta e cuoio, un bel tannino pulito e abbracciante, e un assaggio convinto fino in fondo. Convince anche il Sharay Cataratto '8, frutto della ricerca sul vitigno: vinificato senza solfiti aggiunti, macerazione lunga e rispetto totale del frutto. Allora ecco il naso stretto ma fine, cartaceo, a seguire un sorso tannico e potente - a momenti polveroso - che trova nel finale la profondità di campo, unita ad una schiettezza che incanta.Fuori piove: ma spesse mura ci proteggono.

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