Attualità

Taste Firenze: dentro e fuori la Leopolda alla scoperta del gusto

pubblicata il 12.03.2012

Firenze è una città strana. Oscar Farinetti (Eataly - di cui parleremo prossimamente) per descriverla ha usato una metafora splendida ed azzeccatissima: "Firenze è come un fico d'india", la cui polpa dalla dolcezza squisita è avvolta da una buccia spinosa difficile da sbucciare. Volendo proseguire nella metafora, durante la tre giorni di Taste e "Fuori di Taste", Firenze si è offerta agli appassionati viandanti del gusto non solo sbucciata ma tagliata in comodi tocchetti sugosi. Uno spazio quello della Stazione Leopolda che ormai è un tempio a cui devoti di vino e cibo accorrono in peregrinazioni cadenzate, affollato da 250 produttori di golose eccellenze alimentari e reso palpitante da incontri tematici di attualità che solo i soliti inaciditi detrattori possono non trovare interessanti. Del resto Davide Paolini, l'ideatore di Taste, ha saputo espandere il senso della scoperta del gusto ben oltre l'architettura dall'illuminazione suggestiva gestita da Pitti Immagine. Con un "Fuori di Taste" fitto e avvincente ha conquistato un variegato pubblico cittadino e forestiero, attivando la ristorazione della città, che oggi annovera un panorama caratterizzato da varietà e qualità per ogni palato che abbia capacità di discernimento dal mangereccismo turistico, con una gamma invitante che va dal panino alle ormai celebri zuppe di periferia, passando per gli hamburger di chianina fino ai luoghi sacri del mito enogastronomico italiano. Così si va all'Happy Oil del Frantoio Franci con le invenzioni di Matia Barciulli che ha proposto i "fagioli all'uccelletto" ma in versione crema con il peta-zeta per dare l'effetto scoppiettante in bocca, per finire col cioccolato Domori degustato accompagnato dal vin santo di Mastrojanni al Cenacolo del Pescatore, che poi sarebbe il cognome dello chef Daniele Pescatore, estroso inventore di nuove "forme di pesce ". Il tutto passando per varietà pressocchè infinite di Panettone, in quella che è stata sicuramente una delle scoperte più goduriose delle attività extracurricolari di Taste (all'Obikà) e che ha visto sfidarsi pasticceri tradizionali, giovani tradizionalisti, storici innovativi e nuove leve moderniste di tutta Italia, dal pluripremiato Alfonso Pepe, al giovane biopasticcere Flavio Borghi, al "sofficissimo focaccista" tabianese Claudio Gatti. La mattina "dentro Taste" invece comincia con il richiamo del caffè fatto con la Marzocco,  limousine delle macchine per espresso, una miscela 100% Arabica che Mokarico porta a Firenze dalle cooperative agricole di San-Juan, Nicaragua e Cuba.  Superato il seducente canto mattutino delle sirene del corridoio cioccolatoso dove Pistocchi e Martarè si contendono gli assaggi, il passo va spedito tra le esposizioni dei pastifici italiani con la sfida marchigiano-toscana del 43° parallelo e Gragnano ambasciatore del sud. Si arriva così a un universo di salumi e formaggi, tra una fetta di culatello di Antica Ardenga e un assaggio di pecorino affinato in fossa della famiglia Brancaleoni, fino alla vetta della Trippa alla fiorentina di Luca Cai messa sottovetro per La Casa di Caccia, del progetto "Officina Alimentare Italiana", per chi avesse nostalgia delle prelibatezze fiorentine una volta tornata a Milano. Ogni riferimento autobiografico a quest'ultima frase è puramente casuale.

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