Attualità

Tellurismi | Vino in Bocca a S.Michele all'Adige.

pubblicata il 24.11.2010

Scopro con orrore che non ho fatto nemmeno una fotografia, al convegno di S.Michele all'Adige: smacchinatore compulsivo, non ho nemmanco estratto l'attrezzo per immortalare la sala quasi piena. Evento tellurico di per sè, dicono gli organizzatori. Dunque per catalizzare il momento ho messo le punte di due forchette, su cui infilzare qualche concetto. La Rete è piena di interventi al proposito, dove si spiega chi cosa come e quando. Io mi limiterò a dire che alcuni personaggi, tra i quali indegnamente il sottoscritto, hanno incontrato produttori, enologi ed enotecnici del Trentino, studenti ed operatori dell' Istituto Edmund Mach nella solenne Aula Magna. L'obiettivo era favorire una presa di coscienza: la rete esiste, è viva e scalciante. Ovvie le prese di posizione di segno differente, di qua e di là dal tavolo. Dell'intervento di Filippo Ronco e Davide Cocco, ai quali sono legato da una condivisione d'intenti che si divarica solo di fronte alcune, torbide birre artigianali, non dirò. Mi preme invece raccogliere la provocazione, perfettamente andata a segno, di Angelo Peretti, che cento ne sa e novantanove ne dice. Dice Angelo: in rete si comunica "apoditticamente", cioè per bianchi e neri. E la rete non è compatibile con il vino. Dal canto suo Fabio Giavedoni difende l'unicità della "sua" guida. Slow Food, dice, ha pubblicato una guida senza punteggi che vuole parlare del territorio, dell'azienda. Un ragazzo, Francesco, dalla platea, dice che invece di "rincitrullirci davanti ad un monitor" dovremmo andare fuori. E un signore di cui non ricordo il nome ricorda che va bene le tante belle parole, ma ci dimentichiamo di quelli che lavorano davvero, "noi" giornalisti. Dunque: oggi un'attività economica, qualsiasi attività economica che prescinda dalla rete per un bel treno di opportunità (affermazione apodittica). Non è detto che però, non ostante questo errore, possa vivere e prosperare ugualmente. Attenzione (ed ecco le sfumature): ho scritto "prescinda dalla rete" non "manchi di  un sito, un blog, una fanpage su fazzabù o su twitter". Usare la rete significa lavorarci, e questo è un concetto sfaccettato che può essere suonato in cadenze varie. I vignaiuoli che pensano sia sufficiente il lavoro duro per mandare avanti la loro azienda o hanno ereditato cento ettari e se li vendono poco a poco, oppure il loro vino se lo bevono tutto loro. In alternativa - se le Guide non si accorgono di loro - possono "comunicare" sulla rete. Antemurale di questa affermazione è quella di Giavedoni, che dice che Slow Wine manderà in rete solo lacerti della Guidona. Probabilmente la strada è quella giusta, in quanto credo che il futuro sia di complementarietà e non di alternativa: ma sulle modalità vale la pena di discutere. La domanda che cerca risposta è: ma a quanti consumatori interessa davvero sapere che il nonno di Mevio ha piantato a mano le sue sedicimila barbatelle, e che ora il nipote ha iptecato la casa per comprarsi il nuovo impianto di imbottigliamento? Io so che la più parte cerca un vino che li faccia felici mentre lo mandano giù, e possibilmente non li avveleni. Lo so, sono apodittico. Discutiamo, ma non discutiamoci addosso. "Noi" che con la Rete abbiamo qualche confidenza dobbiamo ricordare che il Mondo non è questo meraviglioso gruppo di persone che si incontra in digitale ed in reale, e "loro" devono sapere che il fiume scorre, e nessuno, nemmeno "loro" ne possono fermare il corso. Apriamoci, è il momento.

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