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Il Brunello verticale di Casisano: storia di un vino che sfida il cambiamento climatico

pubblicata il 07.06.2024

In attività dal 1902, la veneta Tommasi Wine si è allargata negli anni ad altre regioni italiane. Compresa ovviamente la zona più pregiata della Toscana. Abbiamo parlato con il loro enologo, che ci ha anche consigliato 4 vini da assaggiare

Dal Veneto alla Toscana (e all’Umbria, la Puglia, la Sicilia), dal Valpolicella al Brunello di Montalcino: la storia di Tommasi Vini è lunga quanto è ampia la strada che hanno percorso. È una storia iniziata oltre 100 anni fa ed è una storia "di ambizione e di necessità, di fortuna e di bravura", come ci ha raccontato Giancarlo Tommasi, che di lavoro fa l’enologo nell'azienda che porta il nome della sua famiglia.

Tommasi, che si divide in Wine e Family Estates, oggi dà lavoro a circa 230 persone contando anche quelle impegnate nelle strutture di accoglienza al pubblico (due hotel, un ristorante, un agriturismo e le varie tenute sparse per l’Italia); quelle dedicate specificamente ed esclusivamente al vino sono una settantina, che ovviamente crescono nei periodi della vendemmia.

Tommasi Wine, 4 generazioni e 122 anni di storia

“Le origini risalgono al 1902, quando il bisnonno Giacomo, che era un mezzadro, decise di comprare un terreno dal nobile che era il suo datore di lavoro, perché aveva 8 figli e voleva dare loro un futuro - ci ha raccontato Tommasi quando lo abbiamo incontrato - Ha iniziato a produrre vino, e ha iniziato con un vino che facciamo e vendiamo ancora oggi, il nostro Rafaèl Valpolicella”. Passano gli anni e passano le generazioni, la seconda e poi la terza, composta da “4 fratelli che dal Secondo Dopoguerra sino a metà degli anni Novanta del secolo scorso iniziano a includere nell’offerta anche vini bianchi ma acquistando le uve e non ancora producendole in autonomia”.

La svolta arriva con la generazione attuale, che è la quarta ed è composta da 9 persone, tutte eredi dei 4 fratelli della generazione precedente, che entrano in azienda a partire dal 1997 e iniziano l’acquisizione di vari terreni, prima in Veneto (la sede storica della società è a Pedemonte di Valpolicella, in provincia di Verona) e poi in altre regioni, dal Nord al Sud.

È quando gli abbiamo chiesto perché, inteso come che cosa li abbia spinti a allargare lo sguardo altrove, che Tommasi ci ha detto la frase su “fortuna e bravura” e su “ambizione e necessità”, rifacendosi in qualche modo al bisnonno: “Di nuovo, anche noi volevamo e vogliamo dare ai nostri figli maggiori chance per il futuro e anche la possibilità di diversificare”. È fra l’altro da qui, appunto dall’idea di diversificare, che è nata l’idea dell’hospitality, che Tommasi fa addirittura dal 1990, fra i primi nel settore vinicolo.

Tommasi, Casisano e il Brunello di Montalcino

La prima acquisizione, proprio nel 1997, fu in Toscana. Ovviamente, pare di capire: “Quando abbiamo iniziato a investire e a cercare terreni da comprare, la Toscana era imprescindibile. Dovevamo partire da lì - ci ha spiegato Tommasi con un sorriso - Il posto scelto era proprio Montalcino, perché già alla fine degli anni Novanta cresceva molto e immaginammo che avesse molto potenziale”. E quindi avete comprato lì? “No, abbiamo provato ma non ci siamo riusciti, forse non eravamo pronti o non avevamo abbastanza risorse per farcela, dunque ci siamo spostati sulla Maremma. Che col senno di poi è stata forse una scelta più facile da cui iniziare, perché meno sotto i riflettori”, ci ha detto Tommasi con apprezzabile onestà.

Non si sono arresi, però. Tant’è che oggi Tommasi produce effettivamente un suo Brunello di Montalcino nel podere di Casisano che dà il nome all’etichetta, una terrazza naturale che sta a 10 minuti dalla cittadina nota in tutto il mondo per il suo vino: “Siamo riusciti ad acquistare il terreno nel 2015, esattamente 18 anni dopo il primo tentativo e forse quando, simbolicamente e per davvero, eravamo maturi per farlo”.

La tenuta di Casisano copre una superficie totale di 53 ettari, di cui 12 a oliveto e 22 a vigneto: di questi, 9 sono dedicati alla produzione di Brunello, 7 al Rosso e gli altri 6-7 al Sant’Antimo. Secondo quanto spiegato dall’azienda, la resa media è di 70 quintali di uve per ettaro, la cui selezione viene poi fatta manualmente.

Il segreto è nell’altezza

La tenuta sta su un terreno che ha un fondo di argilla galestro, come tutte le tenute che producono Brunello, ed è interamente coltivata a Sangiovese Grosso, l’unico vitigno con cui si può fare il vero Brunello di Montalcino, secondo il disciplinare. La differenza fra una bottiglia e l’altra, cioè fra un produttore e l’altro, la fanno altre caratteristiche. L’altitudine cui si coltiva, che sembra essere uno dei punti di forza della tenuta Casisano.

“Casisano fra le vette più alte della zona, siamo a 480 metri sul livello del mare, cioè quasi al limite della Denominazione di Origine Controllata per il Brunello - ci hanno chiarito da Tommasi - Più si è in alto, migliore è l’esposizione al sole, il clima è più gentile e più secco, c’è maggiore ventilazione e ci sono vantaggi dal punto di vista dell’escursione termica”.

Insomma e semplificando: più su si sta, più fresco è. E si produce un vino che in gergo viene definito verticale: “La differenza al palato è chiaramente percepibile e questi vini hanno note molto chiare, lineari e fresche”, ci ha detto ancora Tommasi.

Il Brunello contro il cambiamento climatico

Pare di capire che la posizione sia una sorta di vantaggio che quelli di Casisano hanno nei confronti dei competitor, soprattutto in questi anni di riscaldamento globale e repentino cambiamento climatico. È forse anche una soluzione per sfruttarne in qualche modo le conseguenze? “Lati positivi, in quello che sta succedendo al clima, non ce ne sono - ci ha detto Giancarlo Tommasi senza tanti giri di parole - Però cerchiamo di vedere il bicchiere mezzo pieno”. In che senso? “Quello che sta accadendo è il male e non porta alcun beneficio, però è anche uno sprone, una molla che spinge a fare meglio: noi produttori stiamo investendo per capire come sarà la viticoltura del futuro, per utilizzare macchinari con cui lavorare meglio, più efficienti e con minore dispendio energetico e anche facendo incroci per trovare vitigni meglio e più resistenti al caldo e a questo clima che cambia”.

Riassumendo, il cambiamento climatico è “uno stimolo a guardare avanti e non sedersi” e “fa fare cose che magari non si sarebbero fatte”, in qualche modo favorendo e spingendo l’innovazione. Sempre nel rispetto della tradizione iniziata dal bisnonno oltre cento anni fa, ma senza nascondersi dietro le difficoltà e anzi affrontandole.

Tommasi Wine, consigli di assaggio

Alla fine della nostra chiacchierata, da Tommasi ci siamo fatti consigliare qualche vino prodotto dalla sua famiglia, per chi volesse conoscere l’azienda. Ce ne ha segnalati quattro, iniziando da due che ci sembrano più indicati per il periodo a cavallo fra primavera ed estate: il Lugana Le Fornaci tipico del lago di Garda (circa 14-15 euro a bottiglia) e il Pinot Nero Metodo Classico della tenuta Caseo, nell’Oltrepo Pavese (circa 25 euro).

Se si vuole salire di livello, e di prezzo, impossibile non citare il loro Amarone della Valpolicella e ovviamente il Brunello di Montalcino della tenuta di Casisano, che costano rispettivamente poco meno e poco più di 40 euro a bottiglia.

La Redazione

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