UK vicino al divieto di cottura delle aragoste vive. Crostacei e molluschi fra gli animali senzienti
È di qualche giorno la notizia riportata su The Sunday Times che annuncia l’intenzione da parte del governo britannico di considerare fra gli animali ‘senzienti’ (dunque dotati di sensi e sensibilità), non solo quelli con la spina dorsale, com’è stato fino a ora, ma anche crostacei e molluschi, tra cui spiccano aragoste e polpi, fra gli esemplari più difesi.
Il governo ha commissionato uno studio scientifico indipendente, ancora in corso, per accertare la tesi della sofferenza di crostacei e molluschi, tesi su cui il mondo scientifico è discordante. Una ricaduta positiva che ne verrebbe, secondo il giornale inglese, è questa: se le aragoste sentono dolore ne sarà vietata la pratica di bollirle ancora vive, così come regolamentati i metodi di trasporto di altri esemplari.
Il divieto di una pratica anacronistica rispetto a una maggiore consapevolezza e sensibilità collettiva raggiunta e a un auspicabile cambio di abitudini sociali (il che dimostrerebbe anche il nostro essere senzienti), è già legge in più di un paese. Dal marzo 2018 in Svizzera è reato, così come ne è vietato il trasporto se non in acqua di mare. Divieto anche in Norvegia e in Nuova Zelanda.
Cosa significa “essere senziente”
Un report del CAWF (il Conservative Animal Welfare Foundation che ha tra i suoi sostenitori Carrie Symonds, la moglie del premier inglese) ci aiuta a comprendere quali sono i criteri che la comunità scientifica usa per definire un essere senziente. Si tratta di 5 attributi, scopriamo quali:
- La capacità di sentire, per esempio dolore
- Valutare le azioni altrui, in relazione a sé stessi o a terze parti
- Ricordare e imparare dalle azioni
- Valutare rischi e benefici
- Avere un senso di consapevolezza
Dunque, invertebrati sì ma con consapevolezza, il report riporta gli esperimenti condotti nel tempo a sostegno della tesi. Appare ragionevole anche la premessa ovvero: essendo il numero di esemplari pescati significativamente alto (considerando tutte le categorie in valutazione), varrebbe la pena di adottare una condotta precauzionale, mentre ne accertiamo l’architettura neurologica. Non per banalizzare, ma, indipendentemente dagli studi scientifici, chiunque abbia visto il film Il mio amico infondo al mare di Craig Foster, Pippa Ehrlich e James Reed, vincitore di un premio Oscar 2021 come miglior documentario, il dubbio se lo era già posto. Il titolo inglese è ancora più esplicito sul contenuto dell’opera ‘My octopus teacher’, non andiamo avanti, rimandandovi alla visione, ma si capisce, no? Dopo averlo visto l’insalata di polpo ha un sapore più amaro, ve lo garantiamo. E forse basterebbe pure il video, virale su TikTok in questo periodo, in cui un bimbo accarezza un piccolo polpo, su invito della made, un esemplare che sembra raggiungere timidamente la riva, proprio a caccia di una coccola.
Ma non mischiamo scienza e social e aspettiamo gli esiti dello studio commissionato dal Governo inglese, e, se l’esito sarà favorevole, crostacei e cefalopodi verranno iscritti nell’Animal Welfare (Sentience) Bill
In Italia Parma dà il buon esempio
La notizia è del gennaio 2021 quando il Comune di Parma fa uscire un Regolamento per il benessere e la tutela degli animali nel quale, all’ART 11 si legge:
È fatta raccomandazione in tutto il territorio comunale di non esporre o conservare crostacei vivi sul ghiaccio e/o costretti da lacci o elastici. Si fa esplicito invito, inoltre, a non cucinarli ancora in vita.
Nel 2017, invece, fece notizia la sentenza della Cassazione che dichiarò non ammissibile il ricorso di un ristoratore condannato a Firenze in primo grado per maltrattamento di animali, proprio per aver conservato in frigorifero aragoste e granchi vivi, nel ghiaccio e con le chele legate.
Abbiamo trovato una serie di studi e articoli e provato a comprendere quanto avviene sul territorio nazionale dove, ci sembra di capire, la questione è ancora controversa. Se la cottura degli esemplari in vita è considerata lecita, sul trasporto e la conservazione ci sono versioni contrastanti, là dove il confine tra alimento e animale è talvolta difficile da tracciare.
I metodi per diminuire la sofferenza delle aragoste
Il più noto è attraverso l’utilizzo di uno strumento che si chiama Crustatun. Grande come un microonde, attraverso una scossa elettrica, garantisce una fine meno cruenta alle aragoste. Ne parlò anche lo chef Locatelli, qualche mese fa, dichiarando di usarlo nel suo ristorante. Costa circa 3000 sterline. The Times elenca altri metodi ma ci sembrano comunque lontani dall’esperienza domestica, dove si potrebbe considerare il consumo di aragosta rinunciabile.
Ma perché buttare le aragoste vive nell’acqua bollente?
Ragioni valide non sembrano essercene, c’è la convinzione che in questo modo le carni dell’aragosta conservino più sapore. Qualcuno si spinge fino alla pericolosità, non siamo esperti ma non è intuitivo il nesso tra cuocerla viva ed eliminare pericolosi batteri (pericolosi soprattutto quando si parla di pesce crudo).
La faccenda è complicata. Ci si augura che il ‘dilemma’ dell’aragosta, come è stato ribattezzato, possa trovare una soluzione comune, come sta accadendo per il paté d’oca. Ma la strada è ancora lunga e non solo per ragioni di crudeltà. Abbiamo messo le aragoste tra i cibi che dovremmo smettere di mangiare, non solo di mangiare dopo averle cotte, per quanto scarseggiano nei nostri mari.
E ora potremmo parlare della pratica di sbattere il polpo, ancora vivo s’intende, sugli scogli, come nell’indimenticabile spot di Tornatore per Dolce e Gabbana, a inizio anni 90. Ma sono passati quasi trent’anni e ne sono successe di cose.
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