Attualità

Un caffè da Niko

pubblicata il 13.04.2012

Nel trasloco si era portato solo le sedie. E me lo aveva detto. A Rivisondoli ora, la bacheca per il menù contiene giusto due righe, quelle di un indirizzo e, sul muro d'ingresso, solo i quattro fori disegnano il quadrato della targa con la forchetta sotto le cinque lettere r-e-a-l-e ora avvitate di fianco ad un'altra porta.Ho sempre pensato che è una prospettiva insolita a rendere eccezionali le immagini consuete e così, con otto passi, sono andato sul lato. C'è ancora la porta con i vetri e schiacciandoci il naso contro riesci a scorgere, nonostante la penombra, il riflesso degli acciai della cucina, la sagoma di qualche utensile, alcuni fogli di carta scritti, quelle stesse cose intorno alle quali, solo l'anno addietro, si affannava in una danza, la giovanissima brigata di cucina. Sarà capitato anche a Niko di farlo, e sarà stato come vedere la sua vita dal di fuori: come telefonare a casa propria quando si è lontani, quando non si coglie il segnale acustico della cornetta ma lo squillo che risuona nelle stanze, il ronzìo in differita del secondo apparecchio, la lenta rassegna degli oggetti intorno. Un bell'esercizio di memoria.Sto parlando di Niko Romito e del suo ristorante, da maggio trapiantato qualche chilometro più a valle per eseere cuore ed anima di Casadonna, quel corpo di pietra, ferro, legno e cera d'api che insieme alla sorella Cristiana abita da maggio a Castel di Sangro.E' mezzogiorno e, per una volta, lo chef mi viene incontro senza divisa - il tocco di bianco aldilà dei vetri lo ha appena assicurato una sorprendente nevicata di Pasqua - e si concede per un caffè nella bellissima sala da the, sopra il ristorante, che si prolunga poi nella terrazza con i suoi legni da calpestare. E' raggiante. Ma non per i numeri della sala, a quello ci è abituato da tempo. E neanche perchè ormai per ospitare nelle ultime quattro stanze devono solo consegnargli i letti. E' raggiante perchè il sessanta percento degli aspiranti chef della sua scuola, che sta per partire, sono abruzzesi. Sessantapercento. Lo ripete. E questo gli sembra davvero il seme della sua rivoluzione.Venire qui, è come accorgersi che la cosa più preziosa che abbiamo da spendere è il tempo. E questo, mi spiega Niko passandosi la mano dove prima incontrava dei capelli, è il senso della sfida di questo luogo e delle sue proposte ad angolo giro, perchè ognuno possa regalarsi un momento, un'ora, un giorno venendo quassù a condividere un sogno: di mattina per una colazione da ricordare, nel pomeriggio per un caffè, un thè o una tisana da scegliere tra mille, ancora al tramonto per un aperitivo sui bianchi divani della terrazza o per chiudere una fredda serata davanti al camino con un tumbler tra le mani. Sempre con la garanzia di una forchetta e di quelle cinque lettere traslocate qui.Ora, a partire da due euro e mezzo di un caffè, si può. Si deve

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