Castello d'Albola è il sogno chiantigiano di Gianni Zonin. Dal 1979 un sogno realizzato: 900 ettari di tenuta, di cui 150 a vite, oltre a 400 ulivi. Non è difficile pensarlo sogno.
Dalla letteratura di Casa Zonin: "Il più suggestivo anfiteatro di vigne di tutto il Chianti Classico" "I vigneti storici... ad un'altitudine da 350 a 550 metri e prendono luce... 'da sole a sole'". Sangiovese, per la più parte, e una risulta di Cabernet Sauvignon, che costituisce il saldo storico dell'Acciaiolo.
Una occasione per assaggiare in verticale il campione di Pian d'Albola, dal '95 al '07 presentati da Francesco Zonin e da Stefano Ferrante, il nuovo Chief Winemaker della Casa vinicola: ad occupare l'impegnativa posizione di Franco Giacosa, onori ed oneri acclusi. In particolar modo perchè il '95 è la prima annata composta da Giacosa, e il '7 la "prima" di Ferrante. Un vero e proprio cambio generazionale, pur nelle difficoltà di un confronto che nel bicchiere risente troppo della perfetta maturazione del primo, e dell'adolescenza scalciante del secondo.
L'Acciaiolo resta un vino che sorprende, e se assaggiato senza troppi preconcetti regala anche momenti intensi, pur nel contesto di una piccola partita di 5/6mila bottiglie che nella produzione globale di molti milioni rischia di essere un pur prezioso esercizio di stile.
1995. Tracce d'evoluzione al colore, per un naso maschio e asciutto. Non privo di certa finezza, che va bene. Da un'annata fresca in autunno. Profumi classicissimi, in cui si esprime anche il Cabernet. Classici i descrittori di cuoio, caffè, cioccolato, spezie. E un tratto di verde, di corteccia. Bella la dinamica inarrestabile nel bicchiere. Tannini presenti ma levigati, dolcezze sotto controllo, finale amaro. Grande freschezza tutt'oggi e grande longevità. [9.0]
2000. Belle note porpora nel bicchiere, con riflessi blu ne cuore. Naso maturo, con tutta la frutta rossa a corredo. Piccola la speziatura, con i terziari ancora vivi e mossi. L'assaggio porta tannini più ruvidi, allappanti, che coprono un sorso non esente da qualche mollezza e qualche piega. Il finale è aperto, con un declino repentino e inatteso. [7.0]
2001. Bruno alla luce, chiuso al naso, non molto comunicativo anzi: ripiegato. Ha tante note vegetali, il verde che si sente, la foglia di pomidoro: da cercare, ma definita. L'assaggio è comunque lineare, privo di scosse e di sobbalzi. Forse per questo prevedibile, anzi svelto: breve. Esente da muscolature evidenti, resta il millesimo più debole della batteria. [6.7]
2005. Il prodotto di una annata difficile: intenso, concentrato, nero. Ha questo naso a descrivere un ampio pannello di analogie, dalla canfora alla pietra, passando attraverso sensazioni più eteree. L'assaggio è poi più convincente, sebbene foderato di vibrazioni dolci. Abbastanza tondo, ha la forza di tannini elettrici ma con misura. Resta fine l'esito, che prelude ad un tocco di eleganza. [8.0]
2007. Un punto di calore in meno, pur grave ed intenso. Il naso si stringe attorno alle note di frutta sotto spirito, maturo già in gioventù. Nemmeno troppo indulgente, diritto. Bella ghirba all'abbocco, con un attacco che rampa con decisione, poi s'aggrappa con una polpa generosa e un finale insistente. E bello, pure. [7.5]
Vini ben fatti, ma senza eccessi di formalismo, che non traboccano di confezione, e si lasciano bere volontieri. Per la verità del millesimo più antico non disdegnerei averne, in cantina. Magari da aspettare ancora.
Enoteca Malfassi - MIlano