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Viaggio in Sardegna | Il Nuragus e i Numeri Primi

pubblicata il 06.07.2011

C'è stato un tempo, dicono, nel quale quasi la metà della superficie vitata dell'Isola era occupata dal Nuragus, uva spudoratamente punica (il prefisso nur, fuoco, lascia pochi dubbi), introdotta dai mercanti mediterranei all'atto della fondazione della Città Madre di Nora, così chiamata in onore di Norace, figlio di Hermes, dio del Lógos e messaggero del padre degli dei.Il Nuragus è un vitigno che rende: produce fino a 100 q.li/ettaro di frutti nella sempre più rara coltivazione ad alberello, resiste alle crittogame come pochi altri esemplari al mondo e, fondamentalmente, del clima gli interessa poco, più freddo o più caldo, stagione piovosa o secca, continua imperterrito a produrre quantità copiose d'uva.Sono tante le cantine che vinificano il Nuragus in purezza nel Campidano e nel sud dell'Isola, tra queste Argiolas, con il suo S'elegas, vino didascalico, quasi didattico per chi volesse capire un vitigno semplice, che a fronte della quantità produttiva cede qualcosa in profondità qualitativa, soprattutto nei confronti del suo più vicino e difficile parente, il Semidano.Il S'elegas è di paglia lieve, al naso le pesche e le albicocche piccole ed eleganti sono garbate, per niente spigoloso nonostante la freschezza; si lascia bere copiosamente con quel finale amaro e alcalino, quasi fosse polvere di gesso, che non fa altro che allungarne la persistenza e convincerti a riempire il bicchiere ancora.Il Nuragus è perfetto per accompagnare, freddissimo, un bel piatto tiepido e profumato di fregula con le arselle, magari di quelle che si nascondono 10 cm sotto la sabbia, pescate negli stagni di Marceddì con lo specchio e tirate su con il coltellino ad una ad una, senza mai usare il rastrello, perché il fondale va rispettato, altrimenti i tesori scompaiono. E non tornano più.

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