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Viaggio in Sardegna | Nomi della storia dei nomi, e l'enigmatico Arvisionadu

pubblicata il 22.07.2011

"Nomi! Che c'è in un nome?" James Joyce, Ulisse Goceano. Quando, ancora oggi, sento parlare del Goceano mi si spalancano gli occhi, immagino un mare dentro l'Isola, un oceano gutturale e dolce, chiuso ma immenso. La realtà è diversa, non meno sorprendente però. Il Goceano è nel cuore dell'Isola ed è stato un luogo, il luogo della prima gente che l'ha abitata. Troverete le loro tracce tra Nuraghi, Menhir e Dolmen, vi perderete tra "Domus de Janas" impervie quanto geniali, e tra queste verrete ipnotizzati dal cerchio misterioso di Luzzanas, graffito inspiegabile, che avvicina terre lontane in una spirale che sa di Universo. Il Goceano è così: terra di misteri, di monti e conche, di silenzi lunghi e fitti, di ricchezze magre, di terre "che puzzano di demonio", che poi sarebbero le acque sulfuree delle terme romane di Benetutti. Poi è la terra dell'Arvisionadu, vitigno dall'origine e dal nome ombrosi, quasi leggendario come il suo terroir, si racconta che in epoche non lontane se ne producesse anche una versione florizzata. Un'uva in pratica scomparsa, salvata e vinificata da pochi visionari, la si trova oramai solo in qualche ettaro attorno a Benetutti. C'è chi ci ha costruito una cantina intera attorno all'Arvisionadu, come il sig. Chessa, che con il suo Lesitanus ne rappresenta la migliore espressione in bottiglia. Giallo carico di tutti i fiori del campo, il verde grasso e spinoso si attorciglia al naso mentre la bocca si rilassa tra note dolci e mielose ed uno spigolo di calcare fresco e pulito. Un vino difficile e sardo, sfrontato ma timido, ha il trucco della Malvasia ma il parrucco del Semidano. Per questo lo vorrei bere con i Papassinos Nieddos (papassini neri) di Benetutti, un dolce non dolce, mandorle, noci e nocciole impastate con la farina, non troppo zucchero, i semi profumati del finocchio a chiudere. Neri e buonissimi, misteriosi, come l'Arvisionadu, come il suo nome.

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