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Viaggio in Sardegna | Uva Nasco, così bianca da sembrare rossa

pubblicata il 24.05.2011

Serdiana è paese nella Parteolla, piccolo pezzo d'Isola che non vede il mare, terre di verde scuro, poco sopra il campidano cagliaritano. Gli uliveti e le vigne si aggrappano, piegati dal caldo, a colline gobbute. Pascoli, macchia feroce e vento caldo, i monti nani del Gerrei come sfondo da sempre. Questo è un Territorio (quasi) sconosciuto ai visitatori continentali con gli occhi di vetro scuro, eppure i luoghi di Serdiana offrono alcuni scorci di emozione, come la meraviglia de Su staini saliu, un pezzo d'acqua salmastra che sembra apparso lì per miracolo, dove per l'Immacolata puoi trovare i Cavalieri e le Avocette, e poi quei brutti ed elegantissimi ceffi dei Fenicotteri Rosa, che ti incantano, fluorescenti, mentre litigano con le anguille e si asciugano al freddo ed al sale. Serdiana e la Parteolla tutta è terra di viti, autoctone e fiere. Puoi trovare Monica e Nuragus, e poi il Nasco, uva al maschile, antichissima, sarda e fenicia. Il vitigno è a bacca bianca, ma, fino alla metà dell'800, confondeva e si faceva confondere, per intensità e colore, tra Girò, Monica e Bovale, come se di rosso fosse travestito. Questo perchè il Nasco è uva dalla maturazione infinita, raccoglie ogni attimo di calore e bollore, concentra, esprime. Del Nasco, per queste sue caratteristiche, si fa più spesso uso dolce, l'uomo ha trovato il modo di accompagnare con la tecnica questa indole genetica di voler addolcirsi ad ogni costo. Serdiana è il paese di Argiolas, cantina fatta di persone capaci e, per questo, giustamente conosciute. Hanno avuto un'idea, che è diventata un vino: l'Iselis bianco, Nasco secco, con una manciata di vermentino a donare quel poco di freschezza in più. Raccolte presto, le uve Nasco fermentano al freddo, si rilassano sulle fecce, una piccola parte subbuglia e affina nel piccolo rovere. Il risultato è un vino di colore e calore, giallo di paglia al sole, con la polpa di frutta matura, le pesche e qualcosa di tropicale, le noti verdi, lacustri e avvolgenti, il finale sapido di salgemma, lunghissimo, sempre teso sugli spigoli. L'Iselis nasce vicino allo stagno salato, e vicino ad un altro stagno lo voglio immaginare: Cabras, a bagnare sa Merca, l'ancestrale rituale locale per conservare e mangiare il muggine. Solo il pesce smagrito, quello non grasso, viene pulito e squamato, non eviscerato. L'ultimo suo tuffo sarà brevissimo e in un' acqua bollente e salatissima. Poi, freddo e intero, verrà misteriosamente mummificato, fasciato con un'erba palustre, che solo là nasce, la Ziba, una varietà della continentale salicornia. Dopo 3 o 4 giorni, spacchettato il sarcofago, l'erba, il sale ed il tempo avranno concepito uno dei piatti più semplici ed intensi che abbia il muggine come protagonista. L'Iselis, immaginifico compagno.

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