Attualità

Vinitaly 2014

pubblicata il 08.04.2014

Sport nazionale nella prima settimana d'aprile: tiro al Vinitaly. Tante e tali sono le distonie dell'enomanifestazia che a volte è difficile comprenderne il continuato e duraturo successo. Vero è che ad ogni fiera che si rispetti code assembramenti e fatiche sono compresi nel prezzo, ma se la coda inizia a Sommacampagna viene legittimo farsi qualche domanda.
A Verona il vino italiano ha dato segni di baldanza. Per un settore così rigido come quello enoagricolo - l'idea del viticultore diventa bicchiere dopo 1, 2, 5, 10 anni da quando è stata pensata - in realtà si nota una grande stabilità in modalità convenzionali, ma anche qualche voce che cerca di superare il momento e non solo per motivi di fatturato. Del resto in pochi settori come quello del vino l'imprenditore coinvolge tutto se stesso, dal quasi-garagista da 3000 flaconi alla realtà multipiano da milioni di bottiglie.
Vortice di incontri, "eventi", appuntamenti, discorsi, così fitti che è difficile infilare una serie di assaggi degna del nome. Molti produttori si attrezzano per sedute d'assaggio tecniche e serissime. Domandarsi il senso della sovrapposizione di pubblico e business, e non trovare risposte adeguate. O il recinto di Vivit, che cerca di utilizzare un lessico preso in prestito per capitalizzare la grande affluenza anche in direzione "naturale".
Riportati alcuni fotogrammi di eventi "analogici" nell'era digitale: il bianco frizzante "Zero Infinito" di Pojer e Sandri, da uve provenienti da un vigneto sperimentale di viti che si curano da sole, una fucilata agroleggera che ti fa chiamare il secondo bicchiere senza esitazione, e il progetto Colfòndo di una grande azienda come Montelvini, che cerca nella tradizione le ragioni di un futuro a misura d'uomo nell'alluvione prosecchista. Si chiama "Brutto" infatti il prosecco rifermentato in bottiglia, e vederlo ricadere nella tipologia dei Colfòndo ci riempie di malcelato orgoglio per aver contribuito alla sua definizione e diffusione.
Insomma fiera di vino e fiera di contrasti, specchio - a traguardare le incrostazioni di lustrini e paillettes - del settore, preso da un lato dai trionfi nell'export e dall'altro dalla contrazione sul mercato interno. Resta una domanda inesplosa, per chi il vino lo deve comunicare: ma il senso di distanza tra il consumatore quotidiano e il commentatore non sta diventando una sorta d'abisso? Forse non è compito del Vinitaly rispondere a questo quesito, ma vale la pena di interrogarsi.
 

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