Il Vinitaly 2011 sarà per sempre legato al serendipico ricordo di un incontro ispiratore, e alla magica sensazione di trovarsi per una sequenza di coincidenze fortuite al posto giusto nel momento giusto, per fare la conoscenza di qualcuno che inconsapevolmente ti cambierà la vita. L’arrivo in ritardo la mattina di venerdì a causa del traffico, il progressivo saltare di appuntamenti, la chiamata di un insostituibile amico per dirmi che aveva riservato un posto anche per me alla degustazione Terroirs UGM e, d’improvviso l’aprirsi dell’ingorgo, il parcheggio inatteso e l’arrivo alla sala prima dell’inizio: come la sensazione che tutti i passi che io ho fatto quel venerdì 8 aprile siano stati solo il percorrere un cammino già tracciato che mi portasse a lei. Il pregio incommensurabile della degustazione organizzata a Vinitaly dal gruppo di viticultori biologici e biodinamici francesi dell’ Union des Gens de Métier è stato portare non solo i loro vini, ma soprattutto le loro storie e la loro presenza. Ed è qui che ho incontrato lei.
Vino no.19 : Jurançon 2007 – Domaine DE SOUCH
Osservo il secondo in degustazione tra i vini dolci, un calice dorato di una brillantezza preziosa, profumi di spezie solleticano il naso, tra tutte lo zenzero e la stecca di cannella, a rendere vivace l’intensa fragranza di maracuja. L’attacco in bocca è fresco e dolce allo stesso tempo, lievi note di scorza di arancia candita e succosità di ananas dalla piacevole acidità, con un finale lungo che lascia anche un aroma delicato di caramello. Sono concentrata sul calice e mi accorgo appena della delicata voce che accenna al cepage di Petit Manseng di questo Jurançon dolce così sorprendente. Ed eccola lì: prendete un’ottantenne signora raffinata, dall’eleganza sobria di un girocollo di perle e dal garbato sorriso con un lieve velo di rossetto, che parla gesticolando con cenni rapidi ma armoniosi e racconta le sue viti ai piedi dei Pirenei con parole sussurrate che accompagna con lo sguardo sicuro ed emozionato. Pochi minuti nel raccontare i paesaggi a terrazze dei 6 ettari di vigna (tra petit manseng, gros manseng e corbu) che dal 1994 segue secondo i principi della biodinamica, e Yvonne Hégoburu mi ha incantata. Alla fine della degustazione mi sono avvicinata a lei per ringraziarla della presenza e farle i complimenti per il vino nel mio stentato francese, e lei ringraziando mi appoggia la mano sul braccio e mi dice “Attend!”. Con l’altra mano si protende sulla sedia e prende dalla borsa un bigliettino pieghevole con la foto di una casa di campagna immersa in un giardino, sorride e mi sussurra di andarla a trovare. Io ringrazio e saluto. (Riconoscerete ora Yvonne Hégoburu nella foto scattata l'8 aprile 2011)
Passano i giorni e ripenso a quell’incontro. Il vino mi è rimasto impresso ma il ricordo è impregnato dall’aura potente che aveva quella deliziosa signora francese. Inizio a cercare informazioni e scopro che l’incantesimo che avevo trovato nel suo Jurançon non poteva non essere che frutto di un amore profondo e sconfinato. Yvonne aveva conosciuto suo marito René a 15 anni, e alla fine degli anni 70 acquistarono la proprietà vicino a Pau per farne il loro “buen ritiro” e iniziare a ripiantare vecchie viti riportando la proprietà com’era nel 18esimo secolo. René morì improvvisamente a 60 anni e Yvonne decise di intraprendere da sola nel 1987 l’avventura della vigna, per poter realizzare il sogno che lei e suo marito avevano immaginato insieme e perpetrare attraverso il vino il ricordo del loro amore.
Yvonne decise di prendersi cura delle viti come fossero il suo legame indissolubile con René, un rapporto che tornava tangibile dopo la sua scomparsa e un vincolo che si rafforzava con l’impegno e la dedizione quotidiana, invece che svanire nell’oblio di autodifesa necessario a chi resta per sopravvivere ed andare avanti dopo la perdita di una parte di sé. A 60anni Yvonne decise di ricominciare in nome della realizzazione di un sogno che avrebbe voluto condividere con suo marito, con nel cuore la forza del tradurre tutto quell’amore in un frutto della terra accudito con affetto e cura, e trovando nella biodinamica il principio ispiratore al rispetto e alla valorizzazione del terroir. Oggi Yvonne ottantenne sorride e ci racconta con calici di vino l’eternità di un amore, a testimonianza che ci sono magie che superano la dimensione del semplice ricordo. E che amore e vino cambiano la vita.