La pasta toscana nella confezione gialla snob-rusticosa si è conquistata un'alone mitologico sia per la sua artigianalità conclamata sia per essere uno dei rari luoghi dove si pastifica al di fuori delle zone d'elezione. Ha reperibilità discreta non ostante le produzioni contenute e la panoplia relativamente ristretta di formati.
Ho acquistato i maccheroncini: sono molto belli, romantici nella loro piccola dimensione, accattivanti nella confezione.
Non ne ho familiarità, e quindi li provo in tre maniere: lessati, finiti mer metà in padella, risottati in casseruola, con tre tipi di sugo differenti.
1. Lessi. E' la prova meno convincente: perdono facilmente il dente non ostante le attenzioni, e il piatto si garantisce tutte le mollezze. Conditi con un sugo di verdure scottate, tirati in padella brevemente, e irrorati di formaggi scompaiono un po' lasciando insoddisfatta la mandibola e il palato.
2. Finiti in padella per metà. Prelevati dall'acqua a metà cottura sono finiti in padella con un sugo di due pomidoro: secchi e pelati. La prova della consistenza è assai più riuscita, ma il dente resta una cosa nervosa, quasi fragile, nel momento in cui si ricerca la sodezza. La masticabilità non è del tutto confortevole, carente di rotondità e morbidezza. Il condimento però è raccolto bene, e il maccheroncino è un buon supporto anche papillare: accoglie e sostiene i sapori dolce-acidi lasciando una piccola linea di grano che fa bene.
3. Risottati in casseruola con un sugo denso di selvaggina. Messi nel sugo direttamente a crudo, arrivano in fondo passati con dolcezza: il nervo non è più scoperto e la masticata viene tonda e flessibile. La più convincente delle prove con questa esposizione carnale, da cui tracima anche il tenue sapore di grano che resta anche al termine del boccone. Senza dubbio il modo migliore per usare i Martelli.