Grasso e peperoncino, quindi? Sì, ma il peperoncino, per
L’artigiano della Nduja, deve essere quello del Monte Poro nella zona di Vibo Valentia: allungato, carnoso, di grande dimensione, piccante e saporito, poco acquoso.
L’impasto di suino e peperoncino viene insaccato quindi nell’orba, ossia il budello di maiale naturale: la stagionatura ha tempi diversi, e va dai 15 ai 150 giorni.
Il risultato è un salame piccante spalmabile, che rivela caratteristiche di aromaticità e piacevolezza: il piccante viene stemperato dalla rotondità del grasso di maiale, e l’assaggio rivela freschezza e carattere.
Parlando con la famiglia Caccamo, i proprietari dell’azienda, scopro due cose su questo prodotto che mi lasciano qualche punto interrogativo: la ‘Nduja è un prodotto relativamente giovane per il mercato, ossia viene commercializzato in maniera strutturata da poco meno di dieci anni. Prima la produzione era praticamente solo familiare, appannaggio di allevatori e pochi artigiani: anche ora che la ‘nduja potrebbe avere una notorietà di un certo rilievo, alimentata dall’indiscutibile qualità di questo prodotto Made in Italy, deve far fronte a un mercato poco compatto.
Invece di unirsi e creare dei metodi, una comunicazione, dei disciplinari che tutelerebbero il prodotto e aiuterebbero la sua comunicazione, qui in provincia di Vibo Valentia i produttori non riescono a coordinarsi.
Il secondo aspetto riguarda la provenienza dei maiali, che sono
mantovani: per quanto il maiale di questa zona sia ottimo da lavorare, la scelta di acquistarlo altrove risponde ai bisogni di avere la garanzia di un prodotto standard e consegnato secondo tempistiche precise. Gli allevatori di questa zona hanno disatteso le richieste, così la selezione si è spostata altrove.
La nduja viene venduta in barattolo o nel budello, e si conserva a lungo: può essere usata nella pasta o sul pane, e, come Bonci insegna,
sulla pizza con la ricotta.