Il BI-DU è stato il primo birrificio in cui ho messo piede oramai più di 10 anni fa e la ricordo bene quella sera e quelle birre: il primo amore non si scorda mai, specialmente se è corrisposto, e l'amore birrario con BI-DU lo fu. Il vecchio brewpub di Rodero divenne presto meta di incursioni, assaggi e lunghe chiacchierate seduto al banco con Beppe Vento, birraio e anima di questo birrificio che ha scritto un pezzo di storia della birra italiana.
Beppe ha una peculiarità quasi unica rispetto alla maggioranza dei birrai artigianali: non viene dal homebrewing, non ha fatto come molti il grande salto dopo anni di gavetta casalinga. Semplicemente un bel giorno ha lasciato il suo lavoro da informatico e si è messo a fare il birraio. E ci è riuscito molto bene. Se lo conosci da anni, ti risulta veramente difficile immaginare che possa fare o possa aver mai fatto un lavoro diverso da questo.
La sua filosofia è chiara: birre solide e senza inutili carnevalate solo per stupire, da bersi in scioltezza preferibilmente alla spina. Due gli elementi irrinunciabili: l'amore viscerale per il luppolo, soprattutto quello nobile europeo, erbaceo e speziato, e l'urgenza, qualsiasi sia la gradazione, di realizzare birre dall'irresistibile beverinità. Dalle sue mani e dalle sue idee sono usciti dei classici che a mio modo di vedere hanno influenzato in maniera cruciale l'evoluzione birraria italiana: parlo ad esempio della Rodersch e della Artigianale. I suoi consigli - disponibilissimo al contrario di tanti altri colleghi "soloni" - sono stati preziosi per tanti birrifici oggi apprezzati.
La Xtrem, la sua birra di Natale, è stata negli anni passati un banco di prova per le sue ricerche. Proprio la stagionalità e la cadenza annuale della cotta permettevano modifiche e sperimentazioni, in particolare sui ceppi di lievito. Da qualche anno la sua fisionomia è oramai assodata, andandosi ad inserire nella tipologia degli English Barley Wine, pur con una espressività forse meno austera ed un impatto quasi americano. Il colore è un ambrato molto carico, verso il marroncino, che non brilla di limpidezza. Di materia ce n'è molta, come è lecito attendersi, ma tutta in equilibrio, senza fatiche. Oltre al caramello, è un'esplosione di fragola quella che ti investe, di melograno, di lampone e di frutti rossi succosissimi, insieme a fiori caldi come la viola e a qualche accenno di malti tostati. In bocca il calore e la struttura sono da winter warmer, ma la bevebilità resta drammaticamente elevata rispetto a stile e grado alcolico. Il corpo sufficientemente snello è ben equilibrato da un amaro robusto, erbaceo e terroso. Lunga, appagante, pericolosa: una gran birra.