L'etichetta è di quelle che fanno battere il cuore ai nostalgici, con quella grafica essenziale e quei caratteri austeri che sembrano affiorare da un passato remoto tramontato da secoli. Lo stile birrario è quanto di più sottovalutato possa offrire il mondo della birra contemporaneo. Ci sarebbe da chiedersi, come al solito, da quale reale passione siano animati i geeks che dedicano tempo e risorse alla caccia delle più assurde novità, dei più improbabili esperimenti e dei prodotti più eccessivi, snobbando queste birre che hanno segnato la storia in maniera indelebile. È un pensiero triste, ma dura soltanto il tempo che ci separa dall'utilizzo del cavatappi.
La Yorkshire Stingo è una Old Ale dell'apprezzato birrificio inglese Samuel Smith. Questo stile glorioso, pur nell'attuale esplosione mondiale del consumo di birra di qualità, continua a restare ai margini dell'interesse degli appassionati, senza ottenere l'attenzione che meriterebbe. È uno stile di laboriosa realizzazione e forse un po' ostico per i palati meno attrezzati, privo di quelle caratteristiche di modernità e "facilità" che rendono altre birre più facilmente assimilabili. Le Old Ale inglesi sono storicamente quella frazione di stock ale maturate lungamente in botte che venivano commercializzate "in purezza" invece di essere utilizzate per il taglio delle birre giovani. La Stingo è uno dei rari esempi britannici ancora in commercio ed è un'interpretazione ortodossa dello stile, realizzata ancora oggi con procedimenti tradizionali e quindi maturando la birra per almeno un anno in botti esauste.
Si presenta piuttosto limpida, di un bel ambrato con brillanti riflessi aranciati. La rifermentazione in bottiglia dona una frizzantezza molto leggera, in linea con la tradizione, ed una schiuma poco abbondante ma fitta, di color nocciola. Al naso i sentori tipici dei lieviti britannici sono inconfondibili: il malto, il caramello ed il miele vengono esaltati insieme a sentori di frutta matura, mentre emerge la tipica nota di mela acerba. Si oscilla poi fra sensazioni cangianti di frutti rossi come fragola e ciliegia, fiori caldi, uva passa, cacao, tostature. Un inatteso cenno tropicale di ananas, marchio di fabbrica dei brettanomiceti Anonymous e Claussenii da sempre ospiti delle cantine britanniche, l'emergere di una evidente nota di cuoio, ben integrata, e un'acidità percettibile ma molto moderata sono tre indizi che fanno una prova riguardo alla presenza del beneamato bretta in questa birra.
All'assaggio si avverte il calore dei suoi 8%, buona è la lunghezza e la complessità, la sensazione generale, coerente con lo stile, è quella di una attenuazione moderata degli zuccheri in fermentazione e di una certa morbidezza, sostenuta comunque da una luppolatura per nulla timida, giocata più sull'amaro che sull'aroma e dove le tradizionali note terrose e speziate dei luppoli inglesi la fanno da padrone. Nonostante sia una birra "importante", la beverinità è buona e l'equilibrio ben calibrato sul dolce senza sconfinare nello stucchevole. Un lieve diacetile avvolge il sorso senza penalizzarlo. Altrove sarebbe un difetto, in queste birre britanniche è tollerato e quasi parte integrante del bouquet.
Birra rara, imbottigliata nel 2010, lascia il senso di colpa di averla strappata troppo presto alla sua corsa verso un futuro evolutivo lungo e luminoso. Ottima l'ampiezza di profumi, buona la complessità, un ottimo esempio per chi voglia cimentarsi con uno stile imprescindibile ma relegato al sottoscala del disinteresse, di approccio forse meno facile rispetto ad altri prodotti ma paradossalmente proprio per questo con un potenziale di originalità organolettica oggi quasi rivoluzionario.