Vico Equense è viaggio conosciuto. Lavori in autostrada, poi il buio delle gallerie, infine quelle curve come intermittenze di strapiombi. Una, tra le prime, la si dovrà tirare dritta ad infilare preciso il cancello del parcheggio e subito, tra le tende gonfie di vento caldo, si leggerà La Tradizione. Null'altro, perché a volte le parole sono precise come fotografie, confinano semplicemente la realtà. Una realtà che qui è fatta di prodotti della terra e di storie dei suoi artigiani che i padroni di casa -Annamaria e Salvatore- hanno voluto raccontare scegliendo, comprando ed etichettando delizie dietro il vetro del bancone o sugli scaffali lungo i muri. Carni innanzitutto, a rimarcare l'origine della bottega di papà Pasquale, poi salumi, formaggi, vini, pasta, latticini e le altre mille cose -buone- che negli anni hanno voluto aggiungere. Una infinita ricerca per offrire una dispensa perfetta agli epicurei, una sorta di sussidiario per gli chef che illuminano di stelle la costiera.
A pranzo la sosta è per assaggi al coltello o comporre panini, a cena la tentazione ha la forma lucente della grande griglia all'esterno: basterà scegliere il taglio di carne dal banco e una bottiglia dallo scaffale e, lì sui tavoli di legno, in pochi minuti tutto si compie.
La difesa e la valorizzazione del territorio è feroce ma non cieca. Di fianco alle "verticali" di Provolone del Monaco e dei salami di Agerola, intorno ai babà rustici, alle alici di Cetara, alle scamorze di Sorrento ed alle rughe dei pomodori cuori di bue, ai vetri delle bottiglie di passate di "pacchetelle" e alle torte capresi al limone o al cioccolato che marcano fortemente il territorio non si nega spazio alle eccellenze con altri accenti: quello ascolano necessario per le migliori olive farcite di carne, ligure come il pesto sfuso evidentemente di Genova, o ancora il dialetto della burrata di Andria, i peperoni cruschi di Senise, la mozzarella di Castelvolturno, la bresaola di Sassello a ricucire un'idea di Italia fondata sulla gastronomia.
Si guarda, si ascolta, si parla e tanto. E' l'ora della breve chiusura pomeridiana. Annamaria sulla porta apre le nuove brochure impilate sul tavolino. C'è il logo, ci sono alcuni prodotti. Non ci sono né lei tantomeno il marito Salvatore. Al mio disappunto sorride. Come sempre. Poi con orgoglio indica la fotografia centrale: tre ragazzi che felici sembrano improvvisare musica brandendo salumi. Sono Pasquale, Giovanna e Maria i loro figli ai quali hanno saputo trasmettere l'amore per questo lavoro. "Ora tocca a loro" mi dice. "La Tradizione dopotutto è soprattutto famiglia" e mi regala un ultimo sorriso, quello stesso che ritroverò alla prossima visita.