Amici della Valtellina, prendete nota. Sappiamo bene che tra voi norcini valligiani ci sono alcune eccellenze d'oro, e del resto ne abbiamo già parlato. Tuttavia, è innegabile che col tempo abbiate palesato in maniera spiccata un talento a imbastardire e banalizzare la vostra Bresaola, ricorrendo a bovini cosmopoliti e stagionature “sveltina”.
Fareste bene, se ne avete il tempo e la possibilità, a imitare
Sergio Motta, da Inzago (Milano). Orrore, penserete voi: un milanese. Un milanese che ha la grave colpa di essere addirittura produttore, e non soltanto consumatore. O meglio, aquirente. Anzi, acquirente che viene in Valle “a comprare la carne buona”, per vedersi rifilare qualche bistecca polacca o giù di lì.
Sergio Motta è un macellaio. Di quelli veri. Di quelli ormai in via di estinzione. Nella sua botteguccia di Inzago, ha un macello proprio, chiaramente coi bolli CEE e la certificazione sanitaria a posto. Avere un macello proprio, è una delle ultime risorse di chi vuole avere davvero l'ultima parola sulla carne che vorrà vendere.
Scordatevi i piccoli manzetti magrissimi imposti dal tourbillon della vita moderna. Qui da Motta troverete dei veri bestioni, soprattutto piemontesi. Più che bue grasso, qui siamo al bue gigantesco, al golia delle mucche. E non c'è da stupirsi: il bue, se lo lasci vivere cresce. Certo occorre avere una pazienza da Giobbe. E Sergio ce l'ha. Così, da lui potrete trovare tutto l'anno il bue di almeno cinque anni. Nei casi parossistici, si arriva a sette, o addirittura nove anni. Cosce grandi come chiese, quasi surreali. Sembrano bovi OGM, invece sono tutto l'opposto. Tori cresciuti lentamente, e naturalmente. E dopo la macellazione, ancor più lentamente frollati, in modo tale da ammorbidirsi, acquisendo al contempo un sapore ineguagliabile. La pazienza è la chiave del successo di Sergio. Ed è ciò che consente alle sue bresaole lo scatto vincente.
Sergio fa bresaola con tagli del bue anche inconsueti. Come la punta di petto: avrete una bresaola che ricorda vagamente la pancetta, segnata com'è da una lunga striatura di grasso. Già, il grasso, odiatissimo dai benpensanti che vogliono “carne magra”, ossia troppo magra. Eppure con un po' di marezzatura la carne resta morbida e gentile. La bresaola di punta di petto è certo un estremismo, ma anche le bresaole tratte da tagli più muscolosi qui da Sergio fanno racconti. La frollatura pregressa delle carni, e la stagionatura portata a tempi esasperati, rende queste bresaole dei gioielli comparabili, per persistenza e impatto, a qualche grande prosciutto suino. Al celebre Pata Negra? Sì, possiamo dire che sono il pata negra delle bresaole.
Ma se queste ultime sono la punta di diamante, non possiamo tacere degli altri salumi di Motta. Il cotechino allo Champagne, per dire. Oppure l'inenarrabile, gigantesco prosciutto cotto da cosce di suino pesante. Ma pesantissimo.
Poi, chiaramente, la carne nuda e cruda. Le cosce di bue che vedrete parleranno da sole. Ma mirabolante è la testina di vitello, e la testa di bue arrotolata. Perfette per il gran bollito. E il settore polleria contempla pollanche di Bresse e capponi super, oltre a tacchinelle testa nera e al pollo cosiddetto “milanino”, una razza riscoperta e valorizzata da pochi anni.
Siete ancora lì?
Post scriptum: nelle vicinanze, a Bellinzago Lombardo, Motta da anni ha aperto un ristorante ormai noto, in cui officia il culto della carne tramite cotture lunghe e brevi, tagli nobili e parti povere.