Bentrovati, cari amici del Cucchiaio. Dopo la pausa estiva del 2014, eccoci più pimpanti di prima, alla ricerca di bontà gastronomiche da ricordare. Stavolta vi segnaliamo una macelleria che ha crismi di storicità.
Se si ha il coraggio di non buttare subito gli occhi sul bancone della carne, la prima cosa che si nota entrando nell'Antica Macelleria Turba sono le foto. Foto antiche, foto di famiglia. I Turba, qui a Melzo (Milano), cittadina dell'hinterland milanese non lontana dall'imbocco della nuova autostrada BreBeMi, sono una famiglia carnale, nel senso più pieno del termine. Cominciarono i fratelli Francesco e Donato, nonno e zio dell'attuale patron, fatalmente Donato anche lui... Si parla degli anni Venti del Novecento.
Ora, a quasi cent'anni di distanza, in bottega Donato si è fatto affiancare dal nipote Federico e dai figli Daniele e Valentina, quest'ultima fresca fresca di esame di maturità, con una tesina sulla storia della macelleria familiare. Anche Donato a suo tempo si è scritto la tesi: è laureato in tecnologie alimentari, la laurea giusta per chi fa il suo mestiere, un lavoro che matrimonia sapere antico e tecnica moderna. Qui si viene anzitutto per la carne di cavallo: la macelleria si chiama anche Equincarni. Nella fattispecie, stupende costate di magnifici esemplari canadesi, scelti con cura e frollati anche meglio. Una goduria. Non manca, in ogni caso, anche qualche buon taglio di manzo angus.
Il campo d'elezione della bravura manuale e intellettuale di Donato è però quello dei salumi. Una norcineria pulita, tecnicamente inappuntabile ma anche capace di emozionare. Turba non disdegna i sapori forti. Il suo filettino di maiale, strofinato di sale e di spezie e poi messo a stagionare a strati con rami d'alloro, è di gusto gagliardo e potente. Stesso discorso per i salamini di cavallo, sia piccoli, formato cacciatorino, sia più grossi: estrema nitidezza espressiva, senza mancanza di nerbo. Bravissimo. Qui col cavallo si fanno anche slinzeghe e monumentali bresaole di noce, di imponente grandiosità e da mangiare così come sono, senza l'abusiva e antistorica aggiunta di olio e limone: il sapore della carne basta per sé.
I Turba eccellono anche col maiale. Sentite il salame nostrano, insaccato in un semplice budello crespone, legato a mano, imperniato su carne certosinamente snervata e con la giusta quantità di grasso. La versione morbida è ottima, quella stagionata in cantina per 120 giorni è eccezionale. Da segnalare anche lo speck, affumicato in casa col legno di faggio, e le coppiette, replica lombarda del famoso (e gustoso) salume laziale-maremmano.
Turba ha anche il pallino della gastronomia: lui stesso è chef (aprirà a breve un ristorante a base-carne), e la moglie Paola è bravissima. Il pezzo forte è la Carne della Martesana: una sorta di risposta milanese alla carne salada trentina, affettata finemente e servita con cipolle rosse, fagioli, prezzemolo e altro ancora.
Poi, il tonno di montagna, ricetta ispirata a Donato dal tonno del Chianti dell'amico Dario Cecchini: un coscio di maiale bollito e poi messo sott'olio, tale che sembra veramente tonno. Complimenti.