Oggi vi raccontiamo una storia brianzola. Sì, una storia della terra delle fabbriche ma anche, e qui se lo scordano tutti, delle ville estive dei nobili, e di molte bellissime aree ancora verdi. E' la storia della borroeula. Borroeula è un termine dialettale brianzolo, e si pronuncia così come lo leggereste nel molto simile dialetto milanese. E' un termine dall'etimologia incerta, ma che ha un significato preciso: pasta di salame da cuocere sotto la cenere.
La famiglia Casati, una schiatta di salumieri che da sempre opera a Merate (Lecco), nella frazione Sartirana (oggi immeritatamente celebre per la quantomeno discutibile chiesa eretta dall'archistar Botta), ne ha raccontato anni fa la genesi a Ottorina Perna Bozzi, autrice del più bel libro sulla cucina della Brianza. E lei ce l'ha riportata fedelmente.
La borroeula era il cibo che si mangiava in autunno e inverno, appena si poteva bere il vinello locale (in Brianza si faceva il vino, sissignori, e si fa ancora). Funzionava così: si affettavano abbondanti patate, e le si disponeva su un foglio pesante di carta oleata. In un altra risma cartacea, stavolta di quella carta che si chiamava “da zucchero”, si metteva una palla di pasta di salame suino. Si avvolgeva, poi si metteva al centro della carta con le patate, e si chiudeva il tutto in un nuovo e più grosso “pacco”. Quest'ultimo si ficcava infine sotto una robusta dose di braci di legna calde, a mo' di economicissima cottura. Le patate cedevano umidità alla carne, e la carne cedeva grasso che condiva le patate. Questa è la storia.
Il presente vede Carlo Casati mettere in pratica gl'insegnamenti del suo babbo. La macelleria Da Pinuccio è in realtà un negozio di generi di conforto, nemmeno troppo piccolo. In ogni caso, è evidente che il suo punto focale è il bancone. Qui troverete la borroeula. Proprio così: Carlo ha fatto una sineddoche. Per mettere le cose in chiaro, ha dato alla pasta di salame il nome stesso della ricetta di cui costituisce la materia prima. E non è una pasta di salame comune: è snervata con pazientissimo lavoro manuale, fino a diventare morbida come una crema. Impiegatela allora per la ricetta tradizionale. Se non avete il camino, usate il forno. Oppure, usatela a crudo e fatene semplicissime tartine sopra fette di pane, così come sono o spizzicate di pepe. Una bontà.
Ed è buonissimo anche il salame di sola coscia. In Brianza il prosciutto non si faceva, e il salame, che era un po' il pane quotidiano dei nostri avi, nasceva anche da tagli che altrove sarebbero costati oro. L'uso della coscia consente al Casati un risultato di sensazionale freschezza, anche con le lunghe stagionature che non si vergogna di praticare. E non è da meno la robusta mortadella di fegato, altro classico lombardissimo e molto popolare. Stupendo il lardo cremoso lavorato a caldo, degno complemento della borroeula in crostini analoghi. E per finire, grandiosa la Bresaola di manzo, che trae origine non già da zebù brasileri o bovini uruguaiani, ma da vacche di razza limousina allevate a 20 chilometri di distanza o anche meno. Grande Carlo.