Non sapremmo dire se in Italia ci siano salumi bistrattati come lo Speck. Bistrattati dai produttori, anzitutto. In Alto Adige, terra dove questo prosciutto affumicato gode di una IGP europea, se ne fa così tanto da rendere spontanea la domanda: ma tutta quella carne, dove la prendono? Ecco spiegato il perché della IGP e non di una più restrittiva DOP: il disciplinare consente grande libertà nello scegliere dove approvvigionarsi di cosce suine. Anche in Paesi esteri, è inevitabile. In ogni caso, le autorità di controllo riconoscono pure il marchio Bauernspeck, per gli Speck prodotti esclusivamente da carni di Bolzano e dintorni.
Altrove, lo Speck non è soggetto a norme. E' diffuso anche in Trentino, e spesso con espressioni che competono con le migliori del Sudtirolo. E' il caso del prodotto di Massimo Corrà, soprannominato “Il Massimo Goloso”, di Coredo (Trento), uno dei più bravi macellai della regione.
La sua piccola macelleria sfugge ai teoremi massificanti dell'industria, e cura certosinamente una qualità (e una quantità) di salumi da appagare ogni maialofilo.
Massimo fa vari tipi di Speck. Quello basico, è ottenuto da sole carni italiane. C'è poi lo Speck Trentino, che si fa vanto di provenire da posteriori di suini allevati localmente. Per gli incontentabili, esiste poi la versione “naturale”: Speck stagionato senza conservanti, come fosse un prosciutto di Parma. E parliamo di stagionature minime che per i salumifici industriali sono fantascienza: minimo sei mesi. Più spesso, molto di più. In bocca, l'impatto è grandioso. Uno Speck serio, rude, contadino, persistente. Una bellezza.
Massimo Corrà, che segue una tradizione di macellai in famiglia dal 1850, è però famoso anche per la Mortandela. Non è un errore ortografico: la Mortandela si scrive così. E' una palla di magro e grasso di maiale, avvolta nella reticella dell'animale e poi stagionata. Un prodotto povero, che anni fa rischiava di scomparire e che Slow Food, tra gli altri, ha deciso di difendere. E lo merita, vista la bontà. Altra chicca presidiata da Slow Food è la classica Luganega Trentina, la più famosa delle salsicce locali, proposta anche nel tipo di cervo.
E poi, la schiena di maiale stagionata, la pancetta e i wurstel casalinghi. Una vera sicurezza, un delirio di bontà