Bruno pesa 400, 450 chili. Si trascina da una parte all’altra del prato, stancamente, percorrendo tragitti brevi. Agli occasionali avventori grugnisce minaccioso. Doriano Scibè gli si avvicina, lo chiama affettuosamente, e lo accarezza. “E’ il mio maiale più anziano, un incrocio tra razza sarda e cinta senese. Era ingrassato e si era invecchiato nel volto, poi, a causa della concorrenza dei maiali più giovani, si è ringalluzzito”, racconta. “I miei maiali sono una ventina, e stanno in un ettaro di prato misto al bosco. Nel centro c’è una palude dove possono bagnarsi e infangarsi.”
A occhio e croce, in una produzione industriale così poca carne starebbe inscatolata in un campo di concentramento di 30 metri quadrati.
Siamo nella campagna di Grottazzolina, alto fermano, cuore agricolo delle Marche. L’azienda
Scibè alleva e produce insaccati e carne, non solo di maiale, ma anche di agnello e vitellone. Tutti gli animali fanno una vita sana e dignitosa, e vengono alimentati a fieno, mais e favino.
Se assaggi le loro carni una volta sola, poi le riconosci piuttosto facilmente.
Oggi notissima ai
gourmet locali, fu scoperta dai tenutari Slow Food della zona una ventina di anni fa.
Se i ricordi non mi ingannano, il primo contatto fu per me una lonza (per intenderci quella che al sud si chiama capocollo, e al nord coppa) pazzesca che mi fece assaggiare il compianto Valerio Chiarini, colonna fondante della benemerita associazione langarola in terra di Marca.
Al di là di una vendita capillare (oltre allo spaccio aziendale, nella zona gli Scibè riforniscono sia i privati che gli alimentari), Doriano e la moglie ospitano volentieri appassionati, scuole e gruppi di acquisto per una visita.
Chiaro: non stanno a smacchiare i giaguari, come direbbe qualcuno, ma la passione per un lavoro durissimo è evidente, e così la linea di demarcazione con il business non è sempre ben tratteggiata. Ma il tutto è fatto con autenticità, e senza malizia.
Inutile dire non solo che qui è tutto bio, ma anche che qui il bio è preso maledettamente sul serio, da prima che venisse equivocato per un vezzo superfluo di sinistrorsi senza ansie economiche.
Visita,
cą va san dir, straconsigliata.
E – detto senza provocazione – anche ai vegetariani “laici” che vogliono ragionevolmente mettere in dubbio le proprie convinzioni.