Svoltando la curva in leggera salita, se quel giorno è un giorno di sole, ti verrà il dubbio di trovarti in Norvegia, o da qualche parte da quelle parti. Invece sei all'ombra di San Daniele del Friuli, dove Carlo Dall'Ava ha costuito il suo tempio dedicato al prosciutto.
Visitarlo richiede infatti una precisa liturgia, a partire dal camice bianco che devi infilare prima di varcare la soglia.
Le sale della lavorazione sono quelle più distanti dall'esperienza di noi comuni mortali: il gran lavoro di selezione, il tocco delle mani per la salagione, la sapienza delle dita che palpeggiano identificano e classificano ogni pezzo, al punto di servire ad ogni cliente esattamente il prosciutto richiesto.
Il momento tòpico della visita però è l'ingresso nel Sancta Sanctorum dello stabilimento: la stanza di stagionatura. In effetti starsene in compagnia di migliaia di prosciutti in fieri è piuttosto impressionante anche dal punto di vista fisico: il numero incombe. E ancor di più impressiona il rigore con cui le cosce sono classificate.
Raccontare di un prosciuttificio facilmente porta ad incanalare il discorso su tracce ragionieristiche: quanti prosciutti, l'esportazione, i fatturati. Dei tempi di stagionatura: tutti sanno che il San Daniele non scende sotto i 16 mesi, ma che le partite più nobili si allungano a 24, 36 anche 48 mesi.
Quello che mi è rimasto in tasca di Dok Dall'Ava invece è molto di più la sensazione quasi stordente dei profumi, le sfumature, i microtoni da una partita all'altra, la varietà di aromi tra le linee diverse. Perchè Carlo Dall'Ava è una specie di vulcano di idee, e oltre alla ricerca testarda della migliore qualità per i prosciutti tradizionali San Daniele - il "Numero Dieci" - unisce alcune altre referenze da brivido: il Fumato, lavorato dai maestri di Sauris con la tecnica dell'affumicatura lenta, il nebrodok con il nero dei nebrodi, il patadok con l'iberico, e l'hundok con il buffo maiale lanoso di razza mangalica dell'Ungheria.
Salire fin quassù per un Emiliano cresciuto a Parma e prosciutti "nostrali" è una sfida alla propria mappa organolettica. A sensazione, con assaggi a distanza, il confronto pare interessante ma fortemente orientato.
Poi c'è l'assaggio, alla Prosciutteria di casa. Ma questa è un'altra storia.