Dobbiamo sempre affidarci all’etichetta per capire da dove arriva un cibo che stiamo per comprare e se è di qualità, ma con il pesce possiamo fare anche altro.... Leggi tutto
L’industria della carne seziona il corpo dell'animale in tagli, che trovano tutti un utilizzo. Spesso non succede così per i pesci. Per l’alimentazione umana viene processato solo il filetto, ed è uno spreco. Un gruppo di ricercatori svedesi propone un metodo per evitarlo.
Si dice che del maiale non si butti via niente, ma il proverbio vale anche per gli altri animali da macello. Buona parte di quello che rimane dietro i tagli più pregiati può essere impiegato prima di tutto nell’alimentazione umana, per poi diventare materia prima per altre industrie (mangimi, fertilizzanti, ecc…) e persino nel settore della moda in cui vengono realizzati capi d'abbigliamento ed accessori attraverso la lavorazione degli scarti e sottoprodotti dell'industria del cibo. Questo non significa che la macellazione non produca rifiuti (ne produce, e molti), ma è certo che l’industria della carne utilizza quasi il 100% dell’animale, non solo il filetto. E il pesce?
Col pescato, in teoria, vale la stessa cosa. I tagli meno pregiati, le frattaglie, sono spesso sia commestibili che gustose. Con l’aiuto di un buon pescivendolo e qualche ricetta, in casa e al ristorante si può davvero dare un taglio allo spreco. Purtroppo le cose sono diverse quando pensiamo all’industria della trasformazione. Limitiamoci al pesce vero e proprio (quello con la lisca): l’obiettivo è il filetto, il resto è scarto. Fanno eccezione alcune specialità (per esempio la bottarga, cioè uova di muggine o tonno) ma in genere la maggior parte dell’animale non finisce nel piatto. Se va bene, può essere riciclato dall’industria dei mangimi, o compostato, o usato per fare biogas, altrimenti è solo un rifiuto da smaltire. Forse c’è un’altra via.
Secondo uno studio della Chalmers University of Technology, in Svezia, è possibile adattare una macchina per sfilettare le aringhe in modo da separare, oltre al filetto, altri cinque tagli: testa, spina dorsale, coda, interiora, pinne addominali. Queste parti normalmente sarebbero mescolate e costituirebbero lo scarto del pesce, ma separandole possono diventare sottoprodotti ad alto valore aggiunto. Per esempio, testa e spina dorsale contengono molto muscolo, che può diventare macinato di pesce; pinne addominali e interiora possono dare olio ricco di omega 3; dalla coda si può estrarre il collagene, per scopi alimentari o cosmetici. La ditta Sweden Pelagic sta già utilizzando il metodo dei ricercatori per produrre macinato di pesce..
Lo studio fa parte del progetto internazionale WaSeaBi (da Waste, Seafood side-streams and Boeconomy, cioè “rifiuti, sottoprodotti del pescato e bioeconomia”), che si occupa di ottimizzare lo sfruttamento dei mari. Oggi, infatti, lo spreco comincia appena si ritirano le reti: solo alcune specie sono portate in porto, le altre sono buttate nuovamente in mare, di solito già morte. Poi prosegue negli impianti di trasformazione, che in genere mirano solo al filetto, come abbiamo visto. La Fao ha stimato che a livello mondiale lo spreco, lungo tutte le fasi, è pari al 35% di tutto il pescato e di quanto è prodotto in acquacoltura. Con l’aiuto della ricerca e di nuovi regolamenti, possiamo fare di meglio.
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