Dobbiamo sempre affidarci all’etichetta per capire da dove arriva un cibo che stiamo per comprare e se è di qualità, ma con il pesce possiamo fare anche altro.... Leggi tutto
Per inquinare meno, per allineare le loro diete alle nostre: sono sempre di più le persone che scelgono un’alimentazione plant-based per gli animali domestici. Ma fa bene? Lo abbiamo chiesto a una veterinaria
Il gatto non è il miglior amico dell'uomo, si sa. Però è molto bravo a fingere di esserlo, perché il gatto ha una grande capacità di adattamento. E una cosa cui i gatti (e pure i cani) si sono adattati, nell’ultimo paio d’anni, siamo noi umani. Che siamo stati di più con loro e anche li abbiamo voluti di più con noi: soprattutto fra 2020 e 2021, a causa di lockdown, quarantene e zone rosse, abbiamo passato più tempo in casa, appunto in compagnia di cani e gatti. E chi non ne aveva, se n’è procurato uno, come dimostra il sensibile incremento di animali domestici durante la pandemia.
Un’altra cosa cui gatti e cani si sono abituati, o comunque si stanno abituando, è il nostro modo di mangiare, che (pure lui) è cambiato nel corso dell’ultimo paio d’anni e ancora sta cambiando. C’entrano la pandemia e le sue origini, al netto dei complottismi, c’entra la ricerca del benessere, che magari abbiamo perso altrove e vogliamo ritrovare a tavola, e c’entra la crescente attenzione alle questioni ambientali e una maggiore consapevolezza di quanto possano essere influenzate dalla produzione di cibo. In poche parole: in Italia, così come nel resto del mondo, sono sempre di più le persone che scelgono di seguire una dieta a base vegetale, che siano climatariani, flexitariani, reducetariani, vegetariani oppure vegani. E quindi? E quindi sta aumentando pure l’offerta di alimenti veg per gatti e cani.
Perché succede? Perché chi segue questi regimi alimentari e dunque consuma meno cibo di origine animale (o non ne consuma affatto), un po’ non vuole averci proprio a che fare, neppure quando dà da mangiare al gatto, e un po’ vuole che pure il suo gatto contribuisca alla lotta contro il cambiamento climatico. Se sia giusto o no, non sta a noi stabilirlo. Se faccia bene o meno, lo abbiamo invece chiesto a una veterinaria: più sotto vi raccontiamo cosa ci ha detto, ma prima diamo una fotografia della situazione, anche per capire la portata del fenomeno.
Non che sia difficile percepirlo, il trend: basta aggirarsi fra le corsie di un negozio di cibo per animali, cercare online “cibo per cani vegetariano” o “vegan pet food”, per rendersi conto di quanto l’offerta sia variegata e anche sia cresciuta nel tempo. Nell’ultimo paio d’anni, appunto: secondo una ricerca di Mintel, riferita al mercato britannico, il 34% dei proprietari di cani si è detto interessato a nutrirli solo con alimenti vegetali. E più o meno lo stesso accade in Italia, dove sempre più aziende, grandi o anche molto grandi, hanno messo a catalogo alternative plant-based alle classiche crocchette o scatolette (sì: il cibo veg si può avere sia secco sia umido).
Dietro ci sono anche ragioni economiche: nel nostro Paese ci sono oltre 62 milioni di animali domestici, di cui oltre 16 milioni di cani e gatti, la spesa per dare loro da mangiare è cresciuta del 44% negli ultimi 5 anni (la fonte di entrambi questi dati è Euromonitor) e in generale la spesa per gli animali e per le loro cure è cresciuta del 4-5% l’anno, ogni anno a partire dal 2008. Ancora: negli Stati Uniti, c’è un gatto o un cane in quasi il 70% delle case e a livello mondiale il mercato del pet food vale circa 100 miliardi di dollari. E come sempre, l’offerta va dove c’è la domanda: se i padroni vogliono dargli da mangiare verdure, le aziende producono verdure.
C’è anche un altro aspetto da tenere in considerazione: questi cibi, fatti tendenzialmente con patate, zucca, soia e riso (ma non solo), sono anche ottimi esempi di sostenibilità, perché contribuiscono a ridurre l’inquinamento generato dalla produzione di alimenti derivati dagli animali. È un concetto relativamente nuovo, supportato da molti studi recenti: una ricerca condotta dall’Università di Edimburgo (è questa) ha stimato che un’area grande il doppio di tutto il Regno Unito viene usata ogni anno per realizzare il cibo secco per gatti e cani; un approfondimento dell’americana Ucla ha calcolato che il pet food è responsabile per circa un quarto dell’inquinamento generato dall’industria della carne, cioè quasi 65 milioni di tonnellate di anidride carbonica l'anno. Per avere un’idea, è lo stesso impatto ambientale di 13,6 milioni di auto.
Sin qui abbiamo visto i motivi che hanno spinto (e ancora spingeranno) le persone a scegliere un’alimentazione plant-based per i loro amici animali, ora resta da capire l’altro aspetto: queste diete fanno bene a gatti e cani? Vanno bene per loro? Abbiamo rivolto le domande alla dottoressa Elena Giaume, veterinario di Genova Vet specializzata proprio nella nutrizione, che ci è sembrata parecchio scettica: “Fra i nostri pazienti, non sono molti quelli che scelgono queste diete per i loro animali, ma c’è anzi qualcuno che ha fatto il percorso inverso”. In che senso? “Ricordo il caso di una donna vegetariana che ci ha raccontato di essere tornata a mangiare carne, perché aveva ripreso a comprarla e a usarla per preparare i pasti del cane”, ci ha detto sorridendo durante una lunga chiacchierata. Più seriamente, “Anche vegani e vegetariani capiscono che gatti e cani hanno bisogno più di noi di proteine animali per la loro alimentazione”; è un problema che riguarda soprattutto i felini, “cui serve la taurina, un aminoacido che per loro è essenziale”.
Quindi questo tipo di alimentazione è sbagliata, per gli animali domestici? “Si può fare, e ci sono casi in cui funziona, ma sarebbe meglio non farla - ci ha detto chiaramente Giaume - Se proprio la si vuole fare, meglio comunque scegliere i mangimi pronti, quelli totalmente vegetali e spesso a base di soia, cui vanno poi aggiunti integratori, invece di affidarsi al fai-da-te e preparare noi i pasti. Rischiando di provocare carenze o scompensi”. Insomma, come su Cucchiaio abbiamo scritto spesso parlando di regimi alimentari alternativi per noi umani: si può fare, ma va fatto per bene, magari dopo avere sentito il parere di un medico.
”Stesso discorso vale per altre due diete molto seguite negli ultimi tempi, la Barf e la monoproteica. La prima, adatta soprattutto ai cani, è una specie di dieta crudista (la sigla sta per Biologically appropriate raw food, cioè Cibo crudo biologicamente adatto): è cresciuta tantissimo in popolarità negli ultimi 3 anni ed è molto usata e consigliata da educatori e istruttori. In che cosa consiste? “Si dà all’animale la carne cruda, anche un pollo intero, crudo e con ossa e tutto - ci ha spiegato Giaume - L’idea è di dargli da mangiare quello che mangerebbe in natura, se fosse libero”. Quali sono i pregi, e quali i difetti? “Uno dei vantaggi è di tipo psicologico, perché l’atto di sgranocchiare dà grande soddisfazione all’animale, però la Barf dev’essere varia ed equilibrata e può richiedere l’utilizzo di integratori. E il consumo di un grande numero di ossa può essere rischioso per le funzionalità intestinali”.
Le diete monoproteiche sono in qualche modo più antiche, nel senso che sono molto diffuse ormai da una decina d’anni, a causa della maggiore incidenza di dermatiti e gastroenteriti in gatti e cani (sono adatte per entrambi). Si chiamano anche diete privative e funzionano così: si sceglie una fonte di proteine (anatra, cavallo, pesce, pollo e così via) e una di amido e si alimenta l’animale solo in quel modo per 6-8 settimane. Lo scopo è vedere se la sua salute migliora. Se è così, si aggiunge un’altra fonte proteica e si prova per altre 6-8 settimane, andando avanti per tentativi sino a trovare il regime alimentare perfetto. Attenzione: “La fonte proteica dev’essere la stessa per tutte le 6-8 settimane - ci ha ricordato Giaume - Si intende un’unica fonte proteica per tutto il periodo, non una per volta, da cambiare a ogni pasto. Altrimenti non serve a nulla”.
Una cosa che non abbiamo chiesto, alla nostra esperta, è un parere sulle diete a base di insetti, che anche per gli animali si stanno rivelando un’interessante fonte proteica alternativa alla carne. Non l’abbiamo fatto perché magari in futuro torneremo a scriverne. E non l’abbiamo fatto perché, anche se il gatto ha un grande spirito di adattamento, meglio non esagerare.
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