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Via libera alla legge che fissa norme chiare sulle coltivazioni bio: dopo le proteste della comunità scientifica, tolta l’equiparazione fra biologico e biodinamico.
Con 195 voti a favore, 4 astenuti e nessun contrario, il Senato ha approvato in via definitiva la legge che regola l'agricoltura biologica: fissa norme e standard per questo settore in grande espansione (e su cui c’è grande interesse) e anche stabilisce l'introduzione di un marchio che identifichi come 100% made in Italy solo i prodotti bio ottenuti da materia prima di provenienza nazionale.
Si chiama Ddl Agricoltura con metodo Biologico, il 21 maggio 2021 ha avuto un primo via libera dal Senato, nel giugno successivo aveva fatto un primo
passaggio in commissione Agricoltura e lo scorso febbraio alla Camera. Il
problema è che questo Ddl rischiava di venire ricordato non per quello che
farà, ma per quello che avrebbe potuto fare: equiparare l’agricoltura
biodinamica a quella biologica.
Cosa che però alla fine non è accaduta: dopo le molte proteste del mondo
scientifico (ne diamo conto più avanti nel testo) e addirittura un intervento
del presidente Mattarella, che avrebbe rilevato questioni di
incostituzionalità, la Camera ha approvato 2 emendamenti di Riccardo Magi
(+Europa) che eliminano la contestata equiparazione. Poi il Ddl è tornato in
Senato in quarta lettura, quella conclusiva.
Per comprendere il perché di tutto questo putiferio, è necessario ribadire che agricoltura biologica e agricoltura biodinamica sono due cose diverse, anche se in qualche modo partono da presupposti simili, tanto che per alcuni la seconda sarebbe una sottocategoria della prima. Che cos’è l’agricoltura biologica, più o meno lo sappiamo: semplificando, è quella in cui non si usano diserbanti o altri prodotti chimici, non si usano organismi geneticamente modificati e si usano il meno possibile mezzi meccanici e fertilizzanti. Abbiamo scritto che è un “settore in grande espansione” perché è così: sempre più aziende agricole si sono convertite al bio (per esempio, tutti i vini di cui abbiamo scritto di recente sono bio) e sempre più persone cercano, domandano e consumano cibo bio. C’entra anche la pandemia, perché la situazione che abbiamo vissuto negli ultimi due anni ci ha spinti alla ricerca di un maggiore benessere, anche alimentare.
Insomma: c’era decisamente bisogno di regolamentare questa materia
e anche bisogno di una sorta di “disciplinare” che stabilisse che cosa è davvero bio, per proteggere noi consumatori dalle fregature e anche per distinguere chi lo fa per bene da chi non lo fa tanto bene. Il problema, con il Ddl Agricoltura, erano gli articoli 1, 5 e 8, quelli con i riferimenti all’agricoltura biodinamica. Che erano oggettivamente pochi, ma abbastanza da far arrabbiare molte persone e portare agli emendamenti e alle modifiche.
Andiamo con ordine, però. E cerchiamo di capire che cosa sia l’agricoltura biodinamica (e anche perché faccia alzare più di un sopracciglio). L’origine del termine è attribuita a Rudolf Steiner, un filosofo austriaco nato nel 1861: a lui si devono i concetti di antroposofia, il tentativo di un approccio scientifico alla dimensione spirituale, e l’invenzione di un metodo educativo basato sull’arte, cui si ispirano le Scuole Steineriane (ce ne sono alcune anche in Italia). Ma l’agricoltura che c’entra? C’entra perché il cibo e la sua produzione erano fondamentali, per Steiner: partendo dai princìpi dell’agricoltura biologica, andò oltre, teorizzando che tutto quello che si trova in una fattoria (animali, umani, terreni, tutto) va considerato come un unico essere, la cui salute dipende dalla salute di tutte le parti che lo compongono. E per fare sì che questa salute sia buona, è necessario prendere una serie di accorgimenti. Ed è qui che le cose iniziano a farsi un po’ strane.
Il fulcro di tutta la dottrina agricola steineriana si basa infatti su alcune procedure che vanno messe in pratica per garantire la salute della fattoria. E di conseguenza un buon raccolto e un prodotto finito di qualità. Sono 9, vengono chiamati “preparati”, sono divisi fra quelli “da spruzzo” (cioè da spargere sui campi) e “da cumulo” e come si vedrà hanno ben poco di scientifico.
Il più famoso di tutti è senza dubbio il Preparato 500, noto anche come Cornoletame: si riempie di letame un corno di mucca, lo si sotterra durante la stagione fredda, lo si estrae, lo si fa sciogliere in acqua e poi appunto lo si usa per l’irrigazione dei campi. Simile è il Cornosilice (è il Preparato 501), solo che si usa il quarzo al posto del letame e poi si segue all’incirca la medesima procedura.
Tutti i preparati “da cumulo”, usati cioè per il compostaggio e per fertilizzare, prevedono invece che si facciano macerare alcune erbe all’interno di specifiche parti di animali: achillea, ortica, tarassaco, valeriana e altre, da fare riposare dentro a vesciche, teschi o stomaci.
Sì: sembrano rituali. E come detto, c’è poco o nulla di scientifico. La questione sta proprio qui: il timore è che equiparando agricoltura biologica e biodinamica, garantendo a entrambe le medesime tutele, agevolazioni, riconoscimenti, il Parlamento avrebbe in qualche modo autorizzato una deriva anti-scientifica. Che l’equiparazione ci fosse era chiaro sin da subito, sin dall’articolo 1 del Ddl per come era arrivato alla Camera: “Ai fini della presente legge, i metodi di produzione basati su preparati e specifici disciplinari, applicati nel rispetto delle disposizioni dei regolamenti dell'Unione europea e delle norme nazionali, sono equiparati al metodo di agricoltura biologica”.
Già prima di arrivare alla recente retromarcia e al monito di Mattarella, contro questa stesura del testo (la prima firmataria è Maria Chiara Gadda, capogruppo di Italia Viva), e in generale contro l’agricoltura biodinamica, si erano espressi soprattutto la senatrice Elena Cattaneo, con un duro intervento in Senato, rappresentanti dell’Istituto di Bioscienze del Cnr, l'Accademia dei Georgofili e il presidente dell'Accademia dei Lincei, Roberto Antonelli. Ancora: lo scienziato italiano Giorgio Parisi (Nobel per la Fisica nel 2021) si è domandato attraverso l’Huffington Post come sia possibile che “regolamenti approvati dallo Stato italiano possano richiedere che si usino preparati in base a procedure che sanno tanto di magia?”.
Per onestà, va detto che anche l’altra parte, cioè quella dei favorevoli alla proposta di legge, era altrettanto nutrita e comprendeva quasi tutte le associazioni di categoria. Gli agricoltori, cioè. Parlando con l’Ansa, il presidente nazionale di Confeuro, Andrea Michele Tiso, aveva detto chiaramente che “l'augurio è che il testo venga approvato in tempi brevi, preservando il suo impianto originale”; e favorevoli a una veloce approvazione si erano detti anche Codacons, Federbio, Legambiente, e Slow Food, per i quali è “importante difendere produttori e consumatori e garantire la trasparenza degli acquisti”.
D’accordo pure Coldiretti: Bruno Rivarossa, delegato confederale, aveva ricordato a Cucchiaio.it che “il nostro Paese ha bisogno quanto prima della legge
nazionale sul biologico. Siamo leader in Europa per le imprese impiegate nel bio, quindi è quanto mai necessaria una norma che preveda l’introduzione di un
marchio per dare certezza al 100% sui prodotti biologici, come garanzia sia per
i produttori sia per i consumatori”. E la questione del biodinamico? “Coldiretti non ha mai avuto preclusioni specifiche, serve fare presto per approvare la legge senza tentennamenti che potrebbero danneggiare il comparto bio, in costante crescita anche dal punto di vista dell’attenzione da parte dei consumatori”.
Sulla stessa linea di pensiero anche la Cia, la Confederazione italiana Agricoltori, il cui presidente, Dino Scanavino, aveva appunto invitato ad andare avanti sulla legge, pur tenendo conto delle parole del capo dello Stato e delle perplessità del mondo scientifico, auspicando “tempi rapidi in Senato, dopo 12 anni di iter parlamentare”, perché “questa legge rappresenta il pilastro fondamentale per la costruzione del futuro agricolo del Paese e per la transizione del sistema agroalimentare verso la sostenibilità”.
Ecco, forse il punto è proprio qui: ci sono tante realtà agricole italiane, piccole o grandi, che seguono i princìpi dell’agricoltura biodinamica, lavorano bene e fanno prodotti di qualità. E se davvero, come dicono gli ultimi dati, quasi il 65% degli italiani sceglie di comprare bio, generando nel 2021 un valore di 7,5 miliardi di euro, allora forse quello che serviva di più era una legge che regolamentasse queste realtà, che le tutelasse e di conseguenza tutelasse pure noi. Al di là delle battaglie ideologiche.
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