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Anche detta cottura passiva, è una tecnica di cui ciclicamente si discute perché legata alla possibilità di ridurre i costi di gas o elettricità. Noi l'abbiamo provata: ecco come si fa e quale potrebbe essere il risparmio.
La cottura della pasta a fuoco spento è un modo alternativo di cucinare la pastasciutta. Non si tratta di un metodo innovativo, perché è da molti anni che se ne parla e che si applica - lo sperimentava già nel 2010 lo chef Elio Sironi del milanese Ceresio 7 Pool & Restaurant - ma che ciclicamente torna agli onori della cronaca perché legato al tema del risparmio domestico di gas (o di elettricità, a seconda che si usino i fornelli o le piastre per l’induzione). Il periodo di incertezza politica ed economica che si sta attraversando, quindi, ha portato nuovamente a discuterne: la cottura a fuoco spento, o anche detta cottura passiva, fa risparmiare o meno sulla bolletta?
Prima di tutto spieghiamo in cosa consiste questo metodo. Nella pratica, l’operazione è molto semplice.
1) Si porta a bollore l’acqua nella pentola, si mette il sale e si butta la pasta. Si tiene accesa la fiamma per 3 minuti - nei quali avremo la ripresa del bollore - e poi si spegne. Si copre con un coperchio lasciando “cuocere” la pasta per un paio di minuti in più rispetto al tempo indicato sulla confezione.
2) Passato il relativo tempo, la pasta appare “cotta” come siamo abituati a mangiarla. Quindi si scola e si condisce a piacimento.
Abbiamo messo tra virgolette i termini “cuocere” e “cotta” perché sono definizioni improprie che però usiamo tutti per convenzione: sarebbe infatti più corretto dire che la pasta non cuoce, ma si reidrata, con un processo chimico in cui l’acqua penetra nella pasta, viene assorbita da parte dei granuli di amido che si gonfiano e la rendono molle (gelatinizzazione) e infine si rassoda nuovamente grazie alla coagulazione del glutine. Questa trasformazione chimico-fisica si attiva a determinate temperature, ma non è merito dell’ebollizione.
Proprio così. Sebbene siamo abituati a lasciare il fuoco acceso durante tutta la cottura, non è in realtà necessario: basterebbe mantenere una temperatura dell’acqua non inferiore a 80°, proprio come avviene con la cottura passiva, per permettere al glutine di coagulare. Più la temperatura si abbassa rispetto a quella di ebollizione (100° in condizioni normali), più questa operazione richiede tempo: per questo nella cottura senza fuoco la pasta cuoce un minuto o due in più rispetto a quelli indicati sulla confezione.
La pasta preparata in questa maniera non perde le sue proprietà organolettiche e non perde di carattere. Bisogna utilizzare una materia prima di buona qualità, ma questo vale sempre, dato che anche con una cottura classica la pasta non di prima scelta scuoce facilmente e diventa collosa. Importante: non si deve togliere mai il coperchio, così che la temperatura dell’acqua scenda lentamente, senza sbalzi. Noi abbiamo provato questa tecnica in una pentola di acciaio - un materiale che sfrutta bene l’acqua come conduttore di calore - e vi assicuriamo che la temperatura non scende sotto gli 80°, quindi si scongiura una pasta cruda. E non è servito mescolare: gli spaghetti non si sono attaccati l’uno all’altro.
Se normalmente ci vogliono 15 minuti per far bollire l’acqua e poi circa altri 10/15 per cuocere la pasta, ecco che con la cottura passiva, che elimina il secondo step, un risparmio di utilizzo del gas c’è, è provato. Quello che è difficile calcolare è quanto questo risparmio possa poi incidere sulle spese di casa. Preparare la pasta in questo modo potrebbe rivelarsi un vantaggio sul lungo periodo: ovvero se applicato sempre, magari per un anno. E affiancato ad altre pratiche di risparmio: per esempio, scegliendo per la pasta condimenti che non hanno bisogno di essere cotti o ripassati in padella, perché altrimenti ci sarebbe l’utilizzo non solo di uno, ma di due fornelli.
Senza dubbio, la cottura passiva ci mostra che non esiste un solo modo per cucinare un piatto di pasta. Oltre a quello più tradizionale, infatti, possiamo elencarne almeno altri due che hanno a che fare anche con il risparmio.
Il primo è quello per reidratazione in acqua fredda: si usa poco, perché ha bisogno di un notevole rodaggio. La pasta viene messa in una ciotola di acqua fredda per il tempo necessario alla sua reidratazione: ci potrebbero volere 20 minuti per uno spaghettino, così come 2 ore per un pacchero, dipende da molti fattori. Una volta idratata, si tuffa in acqua bollente salata e si fa cuocere per 3 minuti. Se il risparmio di gas qui è molto evidente, lo sono altrettanto la poca praticità e il pericolo che la pasta perda le proprietà organolettiche restando troppo tempo a bagno.
Il secondo è la cottura one pot di pasta + condimento: in una padella si versano tre dita d’acqua, si aggiunge la pasta quando bolle e subito dopo il condimento. La pasta cuocerà così insieme al sugo scelto, elevandone il gusto. Anche in questo caso, il metodo si rivela buono per il risparmio, in quanto si consuma poca acqua e si sporcano meno padelle, ma allo stesso tempo non è molto versatile: un buon piatto di pasta al ragù o con il pesto, per esempio, non si potrebbe mai cucinare così.
Alla fine, possiamo dire che la cottura a fuoco spento è un’alternativa che non si allontana più di tanto da quella classica e che unisce praticità e gusto con un occhio - nel lungo periodo - al portafoglio.
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