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La startup americana Zero Acre Farms ha raccolto 37 milioni di dollari nel suo primo round di finanziamento da molti nomi eccellenti: ecco che cosa vogliono fare, perché e come lo faranno (entro il 2022)
“Facciamo il cambio dell’olio, ma al mondo intero”: online si presentano così, i californiani di Zero Acre Farms, una startup che ha sede a San Mateo (a 15 minuti da Menlo Park, dove c’è Facebook) e vuole fare appunto questo. Cambiare l’olio che usiamo per scopi alimentari con il loro olio, creato dalla fermentazione.
Più sotto spieghiamo in che cosa consiste la loro idea, come funziona e chi sono i tanti personaggi famosi che la stanno sostenendo economicamente, ma prima un piccolo passo indietro: qui si parla di sostituire gli oli vegetali, che a loro volta, soprattutto negli ultimi 5-10 anni, hanno sostituito i grassi animali in molte ricette. I più noti sono l’olio di girasole, quello di semi di soia e l’olio di canola, che è un derivato dell’olio di colza ed è fra gli ingredienti di molti tipi di carne vegetale: hanno vantaggi, ma hanno anche qualche svantaggio. E pure se alcuni sono un po’ falsi miti (nel tempo abbiamo spiegato quelli relativi all’olio di canola e quelli che riguardano la soia), è comunque vero che per produrli serve tanto spazio, perché da qualche parte è necessario fare crescere le piante da cui ricavarli. Quindi trovare alternative meno impattanti sull’ambiente non è affatto una brutta idea.
L’idea della startup di Jeff Nobbs, che appartiene al settore delle cosiddette foodtech, cioè compagnie che usano la tecnologia e il progresso per realizzare il cibo, è di creare l’olio dalla fermentazione microbica. Sì: sembra una cosa strana e un po’ preoccupante, ma nella pratica è lo stesso processo che si usa per fare la birra, il pane, lo yogurt, solo che “invece di produrre etanolo, questi microorganismi producono olio e grassi. E ne producono un sacco”, come ha detto Nobbs a TechCrunch. Non è la prima volta che su Cucchiaio parliamo di questo procedimento: è lo stesso che stanno sperimentando molte aziende che vogliono riprodurre la carne partendo dai funghi.
I microbi fanno tutto questo naturalmente: gli si dà un ingrediente (di solito a base zuccherina), loro lo attaccano e lo trasformano in altro. Quello che può fare l’uomo, con l’aiuto della tecnologia, è decidere quale sia l’ingrediente di partenza, adattare i microbi selezionati alle sue esigenze e al prodotto finito che vuole ottenere. In questo caso, ha spiegato ancora Nobbs, “abbiamo selezionato microbi capaci di immagazzinare calorie e restituirle sotto forma di oli e grassi: sono molto bravi a farlo, e noi poi raccogliamo quello che producono”.
Da quel che si capisce, Zero Acre Farms conta di arrivare sul mercato con i suoi prodotti nel corso del 2022, e se riuscirà a farcela sarà anche grazie ai soldi incamerati nel round di finanziamento chiuso a inizio febbraio. Tanti soldi.
Tantissimi soldi, anzi. Forse ancora più interessante, arrivati da sostenitori molto importanti: la startup di Nobbs ha raccolto 37 milioni di dollari nel suo primo round di finanziamento, guidato dai venture capitalist Lowercarbon Capital e Fifty Years. E se questi due nomi dicono poco, decisamente più significativi sono quelli delle persone o delle società che hanno partecipato: ci sono i Coldplay di Chris Martin (da tempo paladino della lotta al cambiamento climatico), la Virgin del miliardario Richard Branson e soprattutto il fondo FootPrint Coalition dell’attore Robert Downey Jr.
Il dettaglio delle cifre, cioè chi ha dato quanto, non è stato reso noto, ma importa poco: quel che conta di più è l’impatto che avrà il fatto di poter contare su finanziatori di questo calibro, non solo per Zero Acre Farms, ma in generale per tutta l’industria delle cosiddette proteine alternative.
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Immagine in apertura courtesy by Ashwini Chaudhary
Immagine in paralasse courtesy by Susan Wilkinson
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