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La multinazionale francese punta a un mercato in costante crescita, che in patria è triplicato negli ultimi 7 anni: l’obiettivo è fatturare dal plant-based un quinto del totale entro il 2025
Non è una novità, che molte aziende del settore alimentare si stiano dedicando ai prodotti a base vegetale, anche entrando in segmenti di mercato mai affrontati prima: nell’ultimo paio d’anni, su Cucchiaio abbiamo raccontato di McDonald’s e dei suoi McPlant, del tonno di Nestlé a base di piselli, di Findus e delle salsicce Green Cuisine e delle americane Kellogg, Tyson Foods e Perdue, che hanno speso tanti soldi per sviluppare prodotti del genere. Lo fanno per una rinnovata e apprezzabile sensibilità per l’ambiente e la sostenibilità, ma lo fanno anche perché sono attente a quello che chiedono i clienti. E i clienti, negli ultimi 5 anni, chiedono questi prodotti con sempre maggiore insistenza.
Qui la novità è che un’azienda colossale come Danone (oltre 100mila dipendenti, oltre 25 miliardi di euro di fatturato annuo), che è il più grande produttore di yogurt al mondo, abbia deciso di investire più di 40 milioni di euro per convertire un suo intero stabilimento alla produzione di bevande a base vegetale. Novità nella novità, il fatto che tutto questo non riguardi la carne o il pesce, ma il settore caseario, che sinora era rimasto un po’ ai margini dello stravolgimento plant-based.
L’impianto è quello di Villecomtal-sur-Arros, nel Sud-Ovest della Francia, quasi al confine con la Spagna, e sinora produceva proprio yogurt: l’azienda ha spiegato che i lavori dovrebbero terminare entro autunno 2022 e che da primavera 2023, dallo stabilimento dovrebbero uscire le prime confezioni di latte d’avena a marchio Alpro. Che è un brand nato in Belgio, passato nel 2009 all’americana WhiteWave Foods, che poi è stata sua volta assorbita da Danone, che nel 2016 se l’è comprata per oltre 10 miliardi di dollari.
Ma perché la multinazionale francese sta investendo tutti questi soldi (l’anno scorso, 16,5 milioni di euro per potenziare l’impianto Alpro di Issenheim, sempre in Francia) per fare altro da quello che ha fatto sin qui? Detto con le parole del dirigente François Eyraud: “Abbiamo notato l'interesse dei consumatori per i prodotti a base vegetale, che sono una soluzione semplice per chi desidera un'alimentazione più varia e diversificata”. Detto con i numeri: l’azienda ha spiegato che in Francia il mercato del cibo plant-based è triplicato negli ultimi 7 anni e dovrebbe crescere ancora del 50% da qui al 2025.
E Danone, che controlla fra gli altri i marchi Activia ed Evian, non ha alcuna intenzione di restare tagliata fuori: lo scorso febbraio ha rilevato il 100% del capitale sociale dell’americana Earth Island, che produce formaggi vegani, maionese senza uova e altro cibo a base vegetale. Per il gruppo, l’obiettivo dichiarato è generare un quinto del suo fatturato annuo dal plant-based entro il 2025. In cifre, sono più o meno 5 miliardi di euro.
Tutto questo senza dimenticare il cuore della sua offerta commerciale: l’azienda ha spiegato che altri 24 milioni di euro saranno investiti negli impianti francesi di Bailleul, Pays de Bray e Saint-Just-Chaleyssin per adeguare la loro capacità produttiva e “dare ai nostri caseifici l'opportunità di rafforzarsi e diventare più competitivi”.
Non sarà facilissimo, perché la torta è grande ma sono in tanti a volerne una fetta: dopo avere stravolto il settore della non-carne, le americane Beyond Meat e Impossible Foods stanno puntando a fare lo stesso con gli annunciati Beyond e Impossible Milk, mentre è già disponibile in alcuni mercati il NonLatte della cilena NotCo, di cui abbiamo scritto spesso. Capito, adesso, perché Danone si sta dando così da fare?
Immagine in apertura courtesy by www.danone.com
Si è formato professionalmente nella redazione di Quattroruote, dove ha lavorato per 10 anni. Nel 2006 è tornato nella sua Genova ed è nella redazione di Italian Tech
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