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In corso l'assemblea dell’Iucn, che ha aggiornato la sua Red List degli animali in pericolo perché fanno parte dell’alimentazione umana. Con una piccola buona notizia (e altre meno buone)
I tonni stanno meglio, il drago di Komodo sta peggio, gli squali stanno malissimo: questo, in estrema sintesi, è quello che sta emergendo dal congresso dell'Unione mondiale per la Conservazione della natura, in corso a Marsiglia sino all’11 settembre.
L’Iucn (la sigla sta per International union for the Conservation of Nature) è una ong fondata in Svizzera alla fine degli anni Quaranta, riconosciuta dall’Onu e ammessa a partecipare all’Assemblea Generale: si occupa appunto della tutela dell’ambiente e su Cucchiaio.it l’avevamo citata cercando di sfatare il mito dell’olio di palma contenuto nel cibo. L’associazione è nota soprattutto per la sua Lista Rossa degli animali minacciati, che più sotto spieghiamo nel dettaglio.
È proprio questa lista che è stata aggiornata nei primi giorni del congresso di Marsiglia, andando a modificare, in peggio e in meglio, soprattutto le informazioni su due specie marine che fanno parte dell’alimentazione umana. E che per questo sono in difficoltà.
Iniziando dagli squali, che non solo vengono mangiati tantissimo ma di cui l’Italia è addirittura il primo importatore al mondo (sembra incredibile, ma è vero): il 37% delle specie di squali e razze è ora classificata a rischio estinzione a causa della pesca (accidentale o intenzionale che sia), del degrado degli habitat marini e del riscaldamento globale. Nel dettaglio, secondo quanto spiegato dall’Iucn: tutte le specie di squali e di razze a rischio estinzione lo sono a causa della pesca eccessiva, il 31% anche per colpa della perdita o del degrado del loro habitat e il 10% pure per le conseguenze dei cambiamenti climatici.
Rimanendo al mare, una parziale, piccola buona notizia arriva dai tonni: restano comunque fra i pesci più sfruttati (solo in Italia consumiamo oltre 2,5 kg di tonno in scatola l’anno, per un totale di 160mila tonnellate), ma alcuni di loro stanno meglio di prima. Più precisamente, 4 specie, sinora a rischio estinzione per la pesca intensiva, non lo sono più: il tonno rosso atlantico è passato da “In pericolo” a “Bassa preoccupazione”, il tonno rosso australe da “Pericolo critico” a “Pericolo” e quello bianco alalunga e quello pinne gialle albacora da “A rischio minaccia” a “Bassa preoccupazione”.
Il direttore generale dell’Iucn, Bruno Oberle, ha spiegato che “questo aggiornamento è un segnale forte del fatto che, nonostante la crescente pressione sugli oceani, le specie si possono riprendere, se gli Stati si impegnano davvero in pratiche sostenibili”. Capito? Non vuol dire che possiamo stare tranquilli e riprendere a pescare questi tonni senza alcun criterio: vuol dire che un altro modo di pescare è possibile, che si possono adottare quote di pesca sostenibili e si può lottare contro la pesca illegale. E anche che si possono scegliere, comprare e mangiare pesci che non siano sempre gli stessi, ascoltando i consigli dei pescatori e del Wwf. Oppure ancora, che si può preparare la pasta con il tonno usando il tonno vegetale.
A oggi, la Red List dell’Iucn, che è questa ed è il più vasto database di informazioni sullo stato di conservazione delle specie animali e vegetali di tutta la Terra, comprende oltre 138mila fra animali, piante e funghi, di cui quasi 39mila sono considerati a rischio estinzione.
È in questa lista che è evidente il peggioramento del varano di Komodo, che è la più grande lucertola al mondo e vive nell’omonima isola dell’Indonesia: nell'ultimo aggiornamento è passato da “Vulnerabile” a “In pericolo” e si stima che il riscaldamento globale e il conseguente aumento del livello dei mari ridurranno almeno del 30% il suo habitat nei prossimi 45 anni.
Il Parco di Komodo, in Indonesia
Come si vede, la Lista Rossa è un importante indicatore della biodiversità sul nostro pianeta e per questo è al centro dei dibattiti al congresso di Marsiglia: nel 2020, l’appuntamento era stato cancellato a causa della pandemia e quest’anno arriva in un momento fondamentale per affrontare la crisi ambientale, anche in vista della Conferenza Onu sulla biodiversità (si terrà in Cina a ottobre) e della Conferenza Cop26 dell’Onu sul clima (in Scozia, a novembre). Nella città francese, gli incontri sono stati divisi in 7 aree tematiche da cui usciranno analisi e proposte da presentare ai governi di tutto il mondo: territorio, acqua e risorse idriche, oceani, mutamenti climatici, diritti e governance, sistemi economici e finanziari e conoscenza, innovazione e tecnologia. Al congresso hanno partecipato migliaia di visitatori (in presenza e da remoto), speaker da 160 Paesi e 1400 rappresentanti di istituzioni internazionali, Stati e organizzazioni non governative.
Fra gli oratori, anche Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, che ha ricordato fra l’altro che “l'inquinamento da plastica è uno dei principali flagelli dell'inquinamento marino” e che “l'Ue sta guidando gli sforzi per raggiungere un accordo globale contro questo inquinamento”. Che è poi il motivo per cui si sta cercando di vietare, o comunque ridurre drasticamente, l’utilizzo della plastica monouso, una battaglia cui anche noi consumatori possiamo contribuire.
Si è formato professionalmente nella redazione di Quattroruote, dove ha lavorato per 10 anni. Nel 2006 è tornato nella sua Genova ed è nella redazione di Italian Tech
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