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Va avanti sino al 28 luglio e anticipa l’Assemblea Generale dell’ONU di settembre sullo stesso argomento: ecco di che cosa si parlerà, e perché è importante che se ne parli
“Per avere cibo sano, ci serve un ambiente sano”: lo ha detto Qu Dongyu, direttore generale della FAO, durante il G20 di Napoli, ed è una frase perfetta per introdurre il Pre Summit della FAO sui Sistemi alimentari, che si apre oggi a Roma (va avanti sino al 28 luglio) e anticipa il vertice sullo stesso tema che si terrà a settembre a New York nella sede dell'ONU. La frase è perfetta perché racchiude in poche parole un concetto che è vero da tempo, ma di cui ci siamo accorti con evidenza solo da un paio d’anni: produzione di cibo e ambiente sono strettamente legati, e fare male la prima cosa ha conseguenze negative sulla seconda. E viceversa.
Durante il Pre Summit (qui il programma completo) si parlerà di lotta alla fame nel mondo, di tutela delle risorse idriche, di protezione delle biodiversità, di contrasto alla deforestazione e di spillover e zoonosi, due parole che non conoscevamo e che abbiamo purtroppo imparato a conoscere a causa del coronavirus (su Cucchiaio.it ne scrivemmo nel 2020, al termine del primo lockdown). Lo scopo è cercare di capire come cambiare la produzione di cibo per renderla meno impattante sull’ambiente, facendo bene a noi e al posto in cui viviamo, e anche preparare la strada appunto per l’Assemblea Generale dell’ONU, dove potrebbero essere prese decisioni o impegni vincolanti per gli Stati membri su queste tematiche.
Nel suo intervento a Napoli, Qu ha ricordato che “oggi l'umanità deve affrontare una triplice crisi mondiale, fra perdita di biodiversità, crisi climatica e impatto della pandemia”, nel tentativo di combinare la domanda crescente di cibo con la necessità di ridurre le emissioni di gas serra, conservare le biodiversità e gestire in modo sostenibile le risorse naturali. Iniziando dall'acqua.
Secondo i dati della FAO, le vite di oltre un miliardo di persone sono “gravemente limitate” dalla scarsità o dalla penuria d'acqua, quasi un miliardo di ettari di pascoli e terreni coltivati sono “gravemente colpiti dalla siccità ricorrente” e oltre il 60% dei terreni coltivati è “sottoposto a stress idrico elevato o molto elevato”. Il grafico qui sotto aiuta a capire visivamente il problema (toccando le varie aree è possibile avere informazioni di dettaglio): nel mondo, ancora oggi, 1 persona su 4 non ha accesso a una fonte di acqua potabile sicura.
Poi c’è la questione della produzione di cibo che deve cambiare. Secondo Qu, non solo “gli attuali livelli di investimento sono molto insufficienti”, ma anche i nostri soldi (quelli dei governi e degli enti sovranazionali, s’intende) stanno andando nella direzione sbagliata: “Occorre ridestinare i sussidi che hanno effetti nocivi sul clima, investire in ricerca e sviluppo per creare le innovazioni e le tecnologie necessarie a produrre di più generando meno emissioni”. Capito che cosa voleva dire? Che sarebbe ora di smetterla di sostenere finanziariamente settori produttivi che sono dannosi per l’ambiente.
Secondo Qu, che ha parlato prevalentemente di agricoltura, ma in qualche modo si riferiva anche agli allevamenti (perché molta parte di quello che viene coltivato va poi a nutrire gli animali), invertire il processo di deforestazione dovrebbe aiutare a mitigare i cambiamenti climatici, ridurre il rischio di future ricadute zoonotiche e anche generare profitto: la FAO stima che interrompere la perdita di biodiversità e il degrado del suolo “può farci risparmiare miliardi di dollari ogni anno”.
Come abbiamo scritto spesso, non si tratta di stravolgere le abitudini alimentari o di smettere di mangiare questo e quello perché “ce lo chiede l’Europa” (anzi, perché ce lo chiede l’ONU): si tratta di restare informati ed essere consapevoli. E anche di capire che forse certe cose non le possiamo fare più, o non le dovremmo fare più, e che non ce le possiamo più permettere proprio perché ce le siamo permesse troppo sinora. Si tratta di capire che quello che mangiamo ogni giorno ha conseguenze che vanno oltre la nostra sfera personale.
Un modo per capire è dedicare tempo ad approfondire la questione. E per farlo basta anche solo accendere la televisione: la Rai è media partner del Pre Summit della FAO e ha preparato molti contenuti sul tema, visibili sia sui canali tradizionali sia in streaming su Rai Play. Su Rai Storia e Rai Premium sono andati in onda “Affamati di spreco”, un reportage per capire perché consumiamo così tanto cibo e come recuperare quello che va perduto, e il bel documentario “Wasted!”, ultima opera dello chef Anthony Bourdain (di lui abbiamo scritto qui), sorta di viaggio intorno al mondo per scoprire come trasformare gli avanzi in prelibatezze.
Tutta la giornata di oggi, la prima del vertice, viene seguita dalla tv di Stato con collegamenti in diretta durante “Uno Mattina”, “Agorà” (anche con il vicedirettore della FAO, l’ex ministro Martina) e le varie edizioni dei telegiornali, mentre nell’ultima (mercoledì 28 luglio) si potranno seguire gli aggiornamenti all’interno di “Uno Mattina” e alle 14 la conferenza stampa di chiusura del Pre Summit.
Infine, proprio su Rai Play è stata preparata la collection “La salute vien mangiando” (il link diretto è questo), che raggruppa 12 contenuti con contribuiti di Piero Angela, approfondimenti sull’agricoltura sostenibile, sui 17 obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU, sulle ragioni per cui la produzione di cibo è connessa al riscaldamento globale, sul concetto di economia circolare e su riciclo, salute e dieta mediterranea.
Si è formato professionalmente nella redazione di Quattroruote, dove ha lavorato per 10 anni. Nel 2006 è tornato nella sua Genova ed è nella redazione di Italian Tech
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