La mancanza di costanza qualitativa dei produttori di Montalcino, anche di una buona parte dei migliori, è cosa piuttosto risaputa. Non di rado capita di prendere qualche delusione anche dalle
superstar che traducono un
terroir straordinario, ma che non riesce a trasmettere una immagine complessiva di solidità, complici le non poche confusioni stilistiche compiute negli anni trascorsi. Quello che invece si tende a trascurare, forse per pudore, è il grande numero di etichette di valore messe in commercio da parte di produttori che non stanno proprio sulla bocca di tutti.
Il Poggiolo è situata a Sasso al Vento, zona alta, posta subito a sud del paese.
Azienda storica (classe 1971) ma nella quale il numero a mio parere eccessivo di etichette non aiuta a trasmettere una chiara filosofia produttiva, e questo nonostante la grande simpatia e comunicativa sprigionate dal titolare Rodolfo Cosimi, aitante toscanaccio che più toscanaccio di così non si può.
Ad ogni modo la selezione Beato appare quella confezionata pensando maggiormente ai gusti degli enofili più ortodossi, e il produttore ha la premura di tenere un piccolo quantitativo di vecchie annate in cantina. Un po’ asciutta ma valida la 2001 [8.6], 2006 in divenire (lasciatela stare ancora per molto) [8.9]. Il discorso cambia con la 2003, monumentale e da ulteriore invecchiamento [9.2] e questo 1999, di un millesimo mai abbastanza celebrato in Italia (pazzesco anche in Langa a mio parere). Stile classico unito a tanta, tanta materia, tenuta in piedi da una acidità dura che squadra il vino e dona austerità. Tannini che rigano e spingono da paura. Finale molto profondo. Fiori secchi, confettura, tabacco, orzo tostato, mineralità. Chi ama il Brunello d’acciaio spenderà volentieri le 55 € richieste in cantina. Da non perdere.