Il lambrusco nasce mosso si sa e sulle tavole la sua spuma netta e compatta rallegra occhi e palato. La tradizione lo vuole anche amabile, specie se Grasparossa, ma gli autoctoni l'han sempre bevuto un po' più secco. Certo che dal vino frizzante allo spumante il passo non è così agile, e così il Rosè Cleto Chiarli mette al Grasparossa l'abito della festa, e dopo la presa di spuma si agghinda con il corsivo francese Brut de Noir, a sottolineare che c'è un chè di Pinot Noir a far la differenza.
Ha dalla sua che per la prima sera tiepida di primavera il suo colore rosa luminoso con riflessi ancor più rosa e quella spuma leggiadra ma alta e color della cipria, ha un chè di perfetto con il tramonto d'aprile della città. Non attende pensieri compositi o auliche frasi di apprezzamento: un calice grazioso, profumato di rose e lamponi, un fondo quasi di caramella Charms ma con il sorso invitante che sferza freschezza e disseta, quasi citrino. In un posto a Milano con la focaccia lievitata lentamente e il salame, quello buono.