Avevo perso le tracce da qualche anno di una “vecchia lenza” del mondo del vino come
Stefano Farkas. Lo ricordavo protagonista fino al 2005, quando la cantina passò sotto il controllo della trentina Cantina La Vis (non ho mai capito perché determinate grosse cantine sociali trentine ad un certo punto abbiano pensato di investire in Toscana ed in Sicilia invece che nella loro terra…) della crescita di una bellissima realtà chiantigiana come
Villa Cafaggio, di cui la famiglia Farkas si occupò dal 1967 portandola a produrre quasi mezzo milione di bottiglie di ottimi Chianti Classico, ma poi non avevo più avuto sue notizie. Troppo giovane e pieno di energie per decidere di fare il nonno o il pensionato Farkas, prima sua vendemmia nel 1974, ha avuto la bella pensata di isolarsi. Non di ritirarsi in convento, non pensate male, bensì di aprire un nuovo capitolo della propria vita di uomo del vino su quell’isola meravigliosa che è l’Isola d’Elba.
Una scelta di vita perché andare a produrre vino su un’isola non è proprio la stessa cosa che farlo sulla terraferma, ma una scelta, condivisa con la famiglia, che l’ha portato dopo un tenace e faticoso recupero dei terrazzamenti che caratterizzavano l’antico sistema agricolo elbano e caratterizzano la sua piccola tenuta, durato ben cinque anni, a costruire, anche con un recupero meticoloso di un casale di epoca napoleonica già citato nel catasto leopoldino, il suo buen retiro a
Valle di Lazzaro, dove l’ho ritrovato lo scorso agosto.
Un posto tranquillissimo, un’isola nell’isola, anche se Portoferraio, dove attracchiamo con i vari traghetti per sciamare nella bella stagione (e perché non anche ora?) sull’isola, è
a nemmeno dieci minuti di distanza, un piccolo agriturismo con tre appartamenti arredati con mobili antichi, cotto toscano, lavandini in marmo, soglie in granito, piastrelle in ceramica fatte a mano, e soprattutto i terrazzamenti coltivati a vite, ulivi, fichi d’india, palme e alberi da frutto.
Una piccola cosa, nemmeno cinque ettari di vigna, piantati a partire dal 2007, destinati ovviamente, un ettaro, all’Aleatico, da cui ottengono il fantastico vino dolce da dessert e dopo pasto, qui denominato
Lazarus, nonché un singolare vino rosato dal colore cerasuolo acceso, un ettaro a Sangiovese (un omaggio ad una grande uva onorata per anni in Chianti classico) destinato ad un Elba Doc Rosso, un po’ di Chardonnay, poca cosa, e soprattutto un ettaro di Vermentino. Nei progetti futuri forse un po’ di Ansonica, per arrivare a pieno regime sui cinque ettari e controllare bene ogni fase della produzione. Ricordando l’Ottocento, quando, incredibile a dirsi, l’Elba poteva contare su una superficie di 5.000 ettari a vigneto, quasi un quarto dell’estensione totale dell’isola, e la cementificazione cui il turismo diffuso ha portato era lontana…
Cosa volete che vi dica, sono vigne giovanissime di nemmeno dieci anni d’età cui bisogna dare il tempo di crescere per dare ai vini maggiore complessità, però, merito del terroir scelto e del savoire-faire dei Farkas, una figlia di Stefano ha studiato viticoltura, i vini di Valle di Lazzaro risultano già tra i più interessanti e validi,
con quelli di Fattoria delle Ripalte, del panorama elbano. Dove magari i vigneti buoni ci sarebbero, ma in cantina tanti lasciano a desiderare e si accontentano di una produzione senza particolari stimoli ad uso e consumo dei turisti meno esigenti…
In particolare mi ha convinto, lo considero il migliore elbano di questa tipologia insieme a quello dell’
azienda sopra citata, gli altri, tipo quelli di Cecilia, Sapereta, Montefabbrello, non mi entusiasmano, il
Vermentino, da vigne del 2008, dal prezzo un po’ alto di 7,50 euro più Iva, presentato in una bella bottiglia borgognona e dotato, come tutti gli altri vini, di un tappo di quelli importanti, segno di un’attenzione particolare anche a questo dettaglio.
Colore paglierino intenso, brillante, luminoso, ricco di riflessi, fa subito capire di essere un Vermentino ed un Vermentino che nasce in clima di mare, anzi, su un’isola, per il suo naso intensamente salato, fine, fragrante, con venature che richiamano la salsedine, ricco di freschezza, e con sfumature aromatiche che richiamano soprattutto gli agrumi, la pesca bianca, il melone, i fiori bianchi, a comporre un insieme preciso, accattivante. E altrettanto sapido, salato, con una vena precisa di pietra e di mare, il gusto, freschissimo, dinamico, ricco di nerbo, sorretto da una scattante vena acida che innerva il vino e gli dà energia e profondità e rende ogni sorso piacevolissimo.
Soprattutto quando lo si abbina alla cucina di mare, cozze alla marinara, spaghetti alle vongole, ombrine, paraghi, orate in cartoccio o alla griglia, che all’isola d’Elba, pescando (è il caso di dirlo) nei posti giusti (
ve ne regalo uno sperimentato con successo più volte) non manca di certo.