Torno a parlare della modalità in rosa del metodo classico prodotto in Trentino, il
Trento Doc, dopo aver recentissimamente scritto del
Rosé di un piccolissimo produttore, consigliandovi un altro Rosé, questa volta totalmente a base di Pinot nero prodotto da un’azienda agricola un po’ più grande, proprietaria di 12 ettari di vigneto. Mi riferisco all’Azienda Agricola Biologica
Maso Martis che ha sede a
Martignano, ai piedi del Monte Calisio (detto anche Argentario), a 450 metri di altitudine sopra Trento, un terreno alto collinare votato alla viticoltura già da fine Ottocento.
Antonio e Roberta Stelzer, che oggi sono affiancati dalle giovani figlie Alessandra e Maddalena, iniziarono la loro esperienza nel mondo del vino con l’ottima annata 1990, dopo aver acquisito negli anni Ottanta l’antica casa colonica dei masadori – le famiglie contadine che lavoravano la terra per il loro nobile - e puntarono subito sulle “bollicine”, tanto che oggi su una produzione di 60 mila bottiglie, che comprende anche vini fermi base Chardonnay e un Moscato rosa, ben 45 mila sono appannaggio del Trento Doc, distribuite su sei tipologie: Brut, Dosaggio Zero, Demi-sec, Brut Rosé, Brut Riserva e Riserva Rare Vintage Madame Martis.
Un vino prodotto in pochissimi esemplari, solo nelle grandi annate, nella cui cuvée, cosa rara in Italia, anche una piccola percentuale di Pinot Meunier. Trento Doc affinati da 18 a 24 mesi sui lieviti, nei quali lo Chardonnay domina: nella misura del 70 per cento per il Brut ed il Dosaggio Zero, e del trenta per cento per la riserva millesimata. Il Rosé però, intorno alle 8 mila bottiglia prodotte mediamente (un prezzo in enoteca intorno ai 25 euro) è un trionfo, un inno a Monsieur Pinot noir, da vigneti allevati a Guyot (5000 piante per ettaro), posti su terreni calcarei ricchi di scheletro su roccia rossa trentina. Vigneti, con concimazione organica a turno biennale/triennale, in coltivazione biologica con certificazione ICEA con una produzione di 80 quintali ettaro.
La permanenza sui lieviti vai dai 18 ai 24 mesi. Il risultato è un vino, con un dosaggio degli zuccheri contenuto in sei, sette grammi litro, che gusterete a tavola, su antipasti freddi e preparazioni a base di pesce, di mare ovviamente, ma anche squisite trote di torrente o salmone, o primi piatti a base di pesce e verdure, ma che potrete servire e apprezzare anche come aperitivo, servito fresco (otto-dieci gradi) ma non ghiacciato, di modo da apprezzarne appieno la finezza degli aromi.
Un Trento Doc Rosé che per la sua continuità qualitativa e lo stile acquisito penso possa essere considerato uno dei due tre migliori in questa tipologia tanto difficile sulla quale in terra trentina molti devono ancora studiare e perfezionare tecnica e soprattutto estetica e filosofia del vino. Perché un Trento Doc Rosé è una cosa speciale sulla quale è indispensabile avere le idee chiare per ottenere risultati convincenti.
Venendo al vino di Maso Martis parlerei di un bel colore rosa squillante di bella vivacità, che sfuma su note leggermente aranciate granate. Perlage fine e continuo, naso vivo, fresco, ben secco, di interessante tensione, con una bella vena di pompelmo rosa dominante e poi sfumature di fiori secchi, accenni leggermente speziati e infine le classiche note di lampone e ribes. Bocca fresca, salata, abbastanza secca, con una buona persistenza lunga e succosa, salata e nervosa, sostenuta da una bella acidità per un gusto che si fa apprezzare per equilibrio e piacevolezza di beva.