Scrivere di Prosecco è come danzare il tip tap su un dancefloor di bucce di banana: amato a perdifiato dal pubblico, stigmatizzato dai critici, il Prosecco è una case-history di successo popolare ma non di critica.
In realtà liquidare il Prosecco con una battuta è una buona scorciatoia per togliersi d'impiccio, visto che la vera difficoltà è la riconoscibilità in un universo di bottiglie quasi indistinguibili, se non per sfumature che non sfuggono solo agli addettissimi.
Noi che beviamo, fatichiamo a trovare il bandolo della matassa.
Questo Canah, per esempio, è un Valdobbiadene di cristallina classicità, da uve Glera 100% condotte in regime biologico e spumantizzate con metodi convenzionali.
Totale, un vino chiarissimo, non pallido, con bolline finissime e piuttosto tenaci. Un naso delicatissimo che dice più di frutta, con la pera in evidenza, e seguiti esotici altrettato sfumati di mango e frutto della passione. L'assaggio è bello spesso, con l'abbocco salato (bene) e il centro amarostico (bene) attraverso un "brut" dosaggio molto composto (bene).
Il bicchiere è agile, facile, ma sa arrestarsi sulla soglia della prevedibilita.