Dei tanti misteri enologici d’Italia, quello dell’incapacità del Primitivo di Manduria di farsi largo commercialmente negli anni ’90, quando il vento soffiava a favore dei rossi tutti ciccia e muscoli, resta per noi uno dei più incomprensibili.
Le mode vanno e vengono, si sa, i valori reali restano: nessun dubbio che la riscoperta del Primitivo di Gioia del Colle (dal Salento ci spostiamo dunque in provincia di Bari) degli ultimi anni sia destinata a consolidarsi. Di più: il Primitivo di Gioia del Colle comincia a delinearsi come uno dei massimi rossi del Sud Italia in senso assoluto.
Completezza, la parola chiave: se infatti le doti di potenza e concentrazione sono del tutto analoghe a Manduria – quindi parliamo di rossi tra i più decisi, muscolosi e infuocati del mondo intero –, qui a Gioia del Colle, complice l’altopiano calcareo che nutre gli alberelli e una maturazione dei grappoli più lenta e graduale, il vino si fa più articolato e asciutto.
Interprete tra i maggiori dell’intera denominazione, Nicola Chiaromonte trova in questo Muro Sant’Angelo uno dei vertici produttivi.
Corteccia, cemento e tequila ai profumi su un fondo di purea di amarene, fuoco al palato, con una analogia netta con il liquore al cioccolato, talmente denso da non essere diluito dall’alcol (e siamo a 16,5%!), con un finale un po’ semplice di frutto nero che tende ad asciugare un pò.
Un vino di spaventosa potenza, anche se con la componente alcolica che tende a coprire i profumi e a chiudere la persistenza. La tenuta all’aria (dopo 5 giorni il vino non ha fatto una piega) lascia pochi dubbi sulla longevità.
Provatelo su una carne in umido (gulash, tajine di agnello con prugne, spezzatino di cervo). E, se vi piacciono i gusti forti, aggiungete mezzo punto alla nostra valutazione. 28 €.