Avvertenza indispensabile. Per una più corretta lettura di questo articolo prego alzarsi rispettosamente in piedi. Difatti non è ad un vino qualsiasi al quale vi trovate di fronte, tramite il vostro modesto eno-scriba, bensì al migliore rosato pugliese. Ergo uno dei migliori rosati d’Italia. E del mondo. E senza discussioni e contestazioni possibili, che non hanno senso e sono irricevibili.
Come è giustamente ricordato nel vivace
sito Internet aziendale recentemente rinnovato, “
Si scrive Girofle, si legge Garofano” con la scelta di questo nome/marchio
“non solo per il potere che possiede, evocativo delle qualità affascinanti delle spezie, ma soprattutto perché l’autore ha avuto sempre il chiodo fisso di arrivare all’eccellenza del vino di qualità”. L’autore, se avete avuto l’ardire di sedervi rialzatevi e state fermi lì, è nientemeno che
Severino Garofano, il re degli enologi che agiscono in Puglia, l’uomo che dà del tu al Negroamaro come Giulio Gambelli lo dava al Sangiovese e che ci ha regalato nella sua lunga carriera capolavori assoluti chiamati Graticciaia, Patriglione, Notarpanaro, Duca d’Aragona, Brindisi Vigna Flaminio, Salento rosso Le Braci, che vedono protagonista il magnifico vitigno salentino. E rappresentano veramente l’eccellenza del vino pugliese.
Nella sua Azienda Monaci posta in agro di Copertino l’arguto enologo di origine irpina, ma ormai più pugliese di tutti i pugliesi, ci regala anno dopo anno IL rosato base Negroamaro di riferimento. E lo fa sbagliando un solo colpo, affiancato dalla
famiglia, la dolcissima moglie Teresa ed i figli, ormai maturi e fatti grandi e in gamba, Renata e Stefano.
Un vino che bevuto dopo un anno, come ho fatto nei giorni scorsi, non solo non perde un colpo e non da segni di stanchezza, ma sembra ancora più buono di quanto apparisse la scorsa estate. E regge splendidamente, soprattutto in annate particolarmente ispirate come questa 2011, se gustato in magnum. Perché i Garofano credono così tanto in questo loro vino identitario, come lo sono anche il Copertino rosso Eloquenzia, il Salento rosso Simpotica (dove compare anche una quota di Montepulciano), il Salento rosso I Censi (Negroamaro e la sua degna ancella, la Malvasia nera di Brindisi), da proporlo anche in una bottiglia solitamente riservata ai rossi
de garde. Ma questo rosato, con buona pace di altri salentini che nel cor mi stan, come il Mjere ed il Cerasa di Michele Calò, è davvero, per dirla con gli americani, un “outstanding wine”. O meglio, come dicono i Garofano, “un vino di oggi che richiama tutti i valori della tradizione e delle radici dei vini salentini di qualità”.
In attesa che, senza fretta, venga pronto il 2012, gustiamoci ancora e
gaudeaumus!, questo stupefacente Girofle 2011, capolavoro di eleganza, finezza, calibrata energia.
Abbinandolo a quello che vogliamo, è come certi capi classici, va bene in ogni occasione, e lasciandolo esprimersi a tavola, (mette d’accordo dagli umidi di pesce agli antipasti, alle verdure in ogni modo, matrimonio d’amore la parmigiana di melanzane, ai primi a base di pesce e verdure, a carni bianche o di maiale) stappiamolo, lasciamolo progressivamente respirare e aprirsi nel bicchiere, e che
mirabilia sia! Ammaliante, come gli occhi di una bella donna, della donna che ami, il suo colore, che i Garofano definiscono “rosso corallo, brillante, con toni cerasuoli”, ma a che a me appare piuttosto evocare il melograno, luminoso, traslucido, senza alcuna digressione - e siamo a gennaio 2013! - verso il granato, luminoso come un’alba salentina. E’ già colpo di fulmine, a prima vista e primo “naso”, ma l’innamoramento si fa progressivamente più completo e senza alcuna possibile difesa (ma perché mai resistere?) alla prima eno-sniffata, con quel mix elegantissimo, complesso, succoso, ricco, ma freschissimo e suadente, privo di qualsivoglia nota confettosa, fragolosa e caramellosa, di note floreali, erbe aromatiche, agrumi, la vena sapida e minerale, la leggera dolcezza di frutti rossi calibrata e matura al punto giusto.
E’ poi la resa totale, gioiosa, senza condizioni, con il primo sorso, con l’ingresso diritto e nervoso in bocca, con l’energia che si allarga e irradia sul palato, la polputa, croccante ricchezza, la naturale dolcezza dell’uva. Asciutto, secco al punto giusto ma carezzevole e suadente, ricco, ben strutturato, ma fresco, dotato di una bevibilità e di una piacevolezza salata che invita a lasciarsi inebriare. Perché, come avrebbe sicuramente detto Leopardi se avesse provato questo supremo Girofle,
“il naufragar m’è dolce in questo vino”…