Sono stati davvero una bella fonte di sorpresa quest’estate i rosati marchigiani. Dapprima il
Marche rosato Serrarosa 2011 a base della misteriosa uva
Vernaccia Nera di cui ho scritto qui
in questo articolo qualche tempo fa, poi altri vini, a base di uve sorprendenti (presto vi racconterò dell’eleganza sapida e nervosa di un rosato denominato
Rosa a base di un’altra cultivar poco nota come la
Lacrima di Morro d’Alba, prodotto ad Ostra da Conti di Buscareto) mi hanno mostrato come esista una sorta di via marchigiana al rosato. Tracciata anche da un classico, prodotto a partire dal 1987, come il
Rosa di Montacuto a base Montepulciano, Sangiovese, Alicante nero di Moroder. Il rosato di quella splendida regione, sicuramente segnata da un vino di grande personalità e notorietà come il Verdicchio dei Castelli di Jesi, che oggi voglio consigliarvi l’avevo già segnalato, en passant, nell’articolo della scorsa settimana dedicato al
Montepulciano Cerasuolo di Cataldi Madonna.
Si tratta del
Marche rosato Fiori, annata 2012, prodotto dalla
Fattoria Villa Ligi di Pergola, proprietà della famiglia Tonelli, la cui tradizione vitivinicola risale almeno a tre generazioni addietro, quando nel 1912, Antonio Tonelli “iniziò a vinificare da filari di viti che aveva impiantato in località Valrea, in mezzo ai campi di grano e granturco, come usava allora. Tradizione che fu poi seguita e ampliata da Cesare, padre di Francesco e da suo fratello Marino, che divennero, oltre che dei buoni produttori, anche ottimi commercianti di vino”. E tradizione che vede oggi l’impegno di Francesco, come vignaiolo e del figlio Stefano come enologo, coadiuvati, quale responsabile di produzione dal modenese Marco Gozzi, di cui
ho apprezzato su Lemillebolleblog un proprio personale metodo classico millesimato.
A Villa Ligi producono svariati vini, io ho provato e trovato decisamente ben fatto anche il Marche bianco, a base Verdicchio, denominato
Ricordi, ma il loro peculiare impegno è consistito tutelare e mantenere in vita vitigni quali la “Vernaccia di Pergola” oggi riconosciuta come clone di Aleatico, un clone di aleatico presente nel territorio dal lontano 1234, anno di fondazione della città di Pergola da parte degli eugubini. Francesco Tonelli negli anni scorsi ha ricercato un po’ ovunque rare e vecchie viti di Vernaccia Rossa, raccogliendone i tralci che via via trovava e catalogandoli e curandone la riproduzione da vivaisti. Uno di questi rari e vecchi vitigni fu trovato nel chiostro della Chiesa di San Francesco in Pergola, altri in località Pantana e in una vecchia vigna denominata Orfei, in località Grifoleto, che apparteneva ad un signore, Giovanni Orfei, scomparso nel 1998, il quale, notando l'innegabile amore per la viticoltura di Francesco, gliela affidò con una scrittura privata. E’ stato decisamente arduo riuscire a ricostruire una visibilità e una credibilità su un vitigno che stava scomparendo, tanto più che operava all’interno di una piccolissima DOC, quale Pergola, che comprende a malapena 45 ha di vigneti, e 3 produttori iscritti all’albo della stessa, ma oggi il Pergola rosso da Vernaccia di Pergola è una realtà e si traduce, nel caso di Villa Ligi, nei Pergola rosso
Vernaculum e
Grifoglietto, di cui conto di occuparmi tra qualche tempo.
E c’è poi questo rosato, il Fiori, espressione della stessa uva, Vernaccia Rossa di Pergola – clone Aleatico 100%, che ho trovato decisamente intrigante e ben fatto. Le uve vengono da due diverse zone, dalla frazione Montalfoglio San Lorenzo in Campo, tenuta S.Cristoforo, circa 400 metri di altezza, terreno a medio impasto tendenzialmente argilloso, vigneto di 35 anni d’età e dalla frazione Montevecchio, 485 metri di altezza, terreno argilloso calcareo, vigna di vent’anni d’età, entrambe con densità di 2500-2800 piante ettaro. La resa è bassa, 60 quintali di uva per ettaro, la vendemmia avviene nella seconda decade di Settembre, e la vinificazione prevede diraspapigiatura delle uve, criomacerazione per 14 ore a 6 °C e separazione del mosto fiore tramite pressatura soffice a membrana; illimpidimento statico del mosto e fermentazione a temperatura controllata a 16 gradi per 15 - 20 giorni in acciaio inox e successivo affinamento per 4 mesi su fecce di lievito.
Il risultato è un rosato che a differenza di due rosati dell’isola d’Elba base Aleatico che ho degustato in agosto e che ho trovato troppo condizionati nella loro performance dalla nota aromatica dell’uva, da quella dolcezza naturale che è splendida in un passito ma in un rosato sembra sempre un filo eccessiva e incongrua, mi è parso perfettamente calibrato e soprattutto godibile e dotato di un’eccellente beva. Colore cerasuolo brillante luminoso, che richiama il lampone e la fragola di bosco, si propone con un bel naso fresco e fragrante, decisamente floreale con le sue note di rosa selvatica, accenni di liquirizia, una vena minerale e salata spiccata, erbe aromatiche e macchia mediterranea, corredate da una fruttuosità succosa che richiama ancora il lampone. L’attacco in bocca è fresco, vivo, nervoso, con freschezza, piacevolezza, grande equilibrio, un’acidità ben calibrata che spinge e dà freschezza e scatto alla materia fruttata, una buona componente tannica che si fa sentire e dà spalla al vino, e soprattuttto una bella plasticità e giusta rotondità sul palato, ancora una precisa vena minerale, anzi petrosa, per un finale ben teso, lungo e persistente, che richiama leggermente una vena agrumata, ma appena candita, in chiusura. Un rosato sorprendente, che il produttore consiglia di abbinare ad antipasti di salumi, piatti a base di tartufo e funghi, zuppe di pesce, tagliatelle ai funghi prugnoli.
Anche questo è il rosato, in quel panorama del vino molto articolato che sono le Marche…