Tranquilli, non vi siete sbagliati, non vi sto riproponendo come minestra riscaldata in forma di vino l’articolo –
rileggetelo qui se vi garba – che ha inaugurato questa rubrica enoica… in rosa.
Molto più semplicemente è di un altro Calò, Michele invece di Mino e ora Damiano, il rosato 2011 che voglio proporvi, in arrivo sempre da quell’autentica miniera d’oro per i rosati che è la splendida e solare terra di Salento. Dizione molto più bella ed espressiva di quella di “Terra d’Otranto” che è stata utilizzata
per una recente Doc, pardon Dop. Pochi chilometri di distanza tra le due cantine, ad Alezio la prima, a Tuglie, 15 chilometri a nord est di Gallipoli questa, e sempre il vitigno identitario salentino, il Negroamaro, qui usato in purezza senza aggiunta di Malvasia nera, a dominare, dettare il ritmo e la personalità, spiccata, decisa, “maschia”, del vino.
Anche in questo caso si tratta di un rosato particolare, che potete tranquillamente godere in questo momento anche se si tratta di quell’annata 2011 che praticamente tutte le aziende hanno esaurito in attesa di poter commercializzare tra qualche tempo l’annata 2012. Dirò di più: si tratta di un rosato, più volte da me assaggiato nel corso dell’anno, che comincia ora ad esprimersi compiutamente e che potrà tranquillamente essere gustato anche nei prossimi mesi, che presenta una particolarità produttiva, rappresentata dal suo affinamento per il 20% in piccole botti, non nuove, di rovere francese.
Quella fondata da
Michele Calò e oggi condotta dai figli Fernando e Giovanni è un’azienda agricola che deve la propria notorietà a quello che non solo io considero tra i tre migliori rosati di Puglia, l’
Alezio Rosato Mjere (dal latino Merum, ovvero vino vero), uno di quei rosati da “bordo piscina” come amo definirli, che basta aprirli per “seccarli” subito a tavola, abbinati a qualsiasi cosa, tanto va bene su tutto a prescindere, ma è molto apprezzata anche per i suoi rossi base Negro amaro. Parlo dello Spano Salento Rosso riserva, del Salento rosso Grecantico e soprattutto del Salento Rosso Mjere, che di recente Roberto Perrone nella sua rubrica Scorribande del Corriere della Sera ha proclamato suo “
vino dell’anno”.
Il rosato che voglio segnalarvi è un rosato cru nell'annata dell'esordio, da uve del vigneto Prandico posto in agro di Alezio, prodotto solo in 3250 esemplari, ed è stato chiamato con felice scelta lessicale
Cerasa. E difatti cerasuolo, squillante, splendente, uno spettacolo di lucentezza e brillantezza, è il suo colore, con sfumature che richiamano il corallo e una leggera vena granata. E ricordano quelle albe salentine che ti emozionano ad ogni volta… Un vino affinato in legno che di legnoso non ha assolutamente nulla, una celebrazione assoluta della grandezza del Negroamaro, con tanto di saldo corredo tannico, ma senza asperità o note verdi o astringenti o asciuttezze, di succosa intensità del frutto, spiccata vena terrosa ricca di sapore. Un rosato, il Cerasa, che conquista immediatamente, già soggiogati dal colore, per il suo naso fitto e carnoso, ricco di una polpa fruttuosa, tutta note di ribes, lampone, mora di rovo, ma anche ciliegia ben matura, croccante e non stile confettura, impreziosita e resa vibrante da nitide sfumature di erbe aromatiche (netto il rosmarino), accenni di liquirizia, di macchia mediterranea, di terra rossa. A costituire un insieme di grande integrità, energia e fragranza.
E poi, abbinandolo a quello che volete (io l’ho fatto a delle fettine di lonza di maiale saltate in padella) godetevi sin dal primo sorso in discesa sul palato la sua “polpeggiante” (perdonatemi il “maronismo”) succosa consistenza, la composta e calibrata vinosità, l’avvolgenza suadente, la pienezza, il volume, la struttura grintosa da rosato con… gli attributi. E poi la continuità e persistenza, tutte rese leggere e fresche da una bellissima acidità ed una grande ricchezza di sale. Un vino in rosa da “grandi occasioni” e da piatti un po’ più impegnativi dei tanti, più leggeri ed estivi, sui quali abbinerete con successo il Mjere rosato. E un vino che farebbe capire anche ai francesi, che
come diceva Paolo Conte “s’incazzano” e non solo ad essere sconfitti da Bartali, come anche in Italia si possano produrre rosé di livello internazionale. Senza complessi di inferiorità verso nessuno...