Mi fa molto piacere tornare a scrivere, dopo aver precedentemente
segnalato un vino semiaromatico come il Minutolo, di vini bianchi, rigorosamente da vitigni autoctoni (francamente trovo poco interessanti gli Chardonnay ed i Sauvignon locali) prodotti in quella terra da rossi per antonomasia che è la
Puglia. Sono consapevole che questa regione continuerà a dovere prevalentemente a rossi e a rosati la propria considerazione da parte degli appassionati, ma sono convinto che la terra dei trulli abbia qualcosa da dire anche sui bianchi, e lo dico chiaramente dalla parte del consumatore, che specie d’estate predilige vini un po’ più snelli e meno strutturati ed impegnativi, pretendendo però che abbiano dalla loro la freschezza, la sapidità e la capacità di farsi bere bene e di abbinarsi facilmente ai piatti di una cucina più leggera e profumata. A base di verdure e di pesce soprattutto. E cosa di meglio per una cucina del genere che una fresca
Verdeca?
Cosa sia la Verdeca è presto detto, un vitigno a bacca bianca, il cui grappolo ha un colore verdolino (da cui il nome), pare originario della Grecia, con qualche affinità, ancora completamente da dimostrare, con il vitigno Portoghese
Alvarinho, coltivato nella zona del
Vinho Verde. La Verdeca é il vitigno a bacca bianca più diffuso in Puglia, e trova la sua area d’elezione, oltre che nell’area di Gravina nella Murgia barese e in alcuni comuni del tarantino (Crispiano e Martina Franca, celebrata per il suo capocollo) nella Valle d’Itria, ovvero Cisternino, Ceglia Messapica, Ostuni e Fasano in provincia di Brindisi.
In passato veniva raramente utilizzato in purezza e trovava ampio impiego soprattutto quale uva da taglio per vini dolci o base per vermouth, da vendere alle grandi cantine del nord, soprattutto piemontesi, ma anche all’estero. Oggi la Verdeca è ancora la spina dorsale, presente con minimo il 50%, di una Doc decaduta come Locorotondo, ed è prevista in altre denominazioni pugliesi tipo Martina Franca, Ostuni, San Severo, Colline Joniche Tarantine, e Gravina, dove è però stata soppiantata da altre varietà come il Greco.
Il vino che voglio proporvi è un Valle d’Itria IGT (indicazione geografica tipica che prevede purtroppo anche varietà ben poco tipiche come Chardonnay e Sauvignon oppure Cabernet Sauvignon o Pinot nero…), prodotto da una cantina proprietà di una famiglia non pugliese di origine ma arrivata in Puglia nel 1999 dalla Toscana, e precisamente da Montepulciano dove condusse per anni la storia tenuta Avignonesi. Dal 2007 i Falvo, e precisamente i giovani Edoardo e Alfredo, confortati dalla lunga esperienza di Alberto, già deus ex machina con il fratello Ettore dell’azienda poliziana, seguono direttamente, dopo essersi affidati in passato ad un socio locale, l’azienda ed i risultati si sono fatti notare. Non solo sui vini rossi base Negroamaro, Susumaniello, o Primitivo, ma pure su una varietà apparentemente minore come la Verdeca sulla quale a partire dalla vendemmia 2009 è stato avviato un lavoro ben preciso teso a selezionare e valorizzare questo storico vitigno locale.
Ubicata nel comune di Cellino San Marco, la Masseria Li Veli, nata come cantina ai primi del Novecento, sulle rovine di una costruzione di età tardo medievale di cui sono rimaste oggi solo alcune tracce e già proprietà del marchese
Antonio De Viti De Marco, economista leccese di fama internazionale, professore universitario e Senatore della Repubblica, che fece di Li Veli fece un'azienda vitivinicola presa a modello in tutto il Meridione, ha tutto per potere ottenere risultati importanti. Un’ampia cantina costruita con il carparo, pietra chiara, simile alla pietra leccese, e soprattutto i vigneti, 33 ettari, che vedono prevalere come forma di allevamento l’alberello pugliese a testa di salice ad elevata densità di piantagione (5.120 piante per ettaro). Il sesto d’impianto è a settonce, “un sistema ideato dagli ingegneri militari romani, che per molto tempo avevano utilizzato l’impianto ai vertici di un quadrato (il famoso quadrato latino), poi erano passati al quinconce, e quindi al settonce (ordo septuncialis)”. In effetti, come viene raccontato
sul sito Internet aziendale, “il sesto di impianto a settonce realizzato con l’alberello genera ancora oggi, più di ogni altro, un’ideale combinazione di effetti benefici: elevata densità di piantagione, massimo sfruttamento del terreno da parte dell’apparato radicale delle viti, insolazione massima della chioma, circolazione dell’aria facilitata, grande agevolazione nella lavorazione del terreno, in quanto le viti formano filari in tutte le direzioni, massimo equilibrio vegetativo tra le piante, che usufruiscono tutte dello stesso spazio, sia aereo che sotterraneo”. Inoltre i vigneti, a conduzione biologica certificata dal 2005, si trovano su suoli di natura carsica, di colore tendenzialmente rosso e sabbioso, permeabili, ricchi di acqua proveniente dalle abbondanti falde sotterranee presenti in tutta la zona e che si accumulano durante il corso dell’inverno negli strati più profondi.
La
Verdeca Askos (un recipiente in terracotta usato nell’antica Grecia per contenere olio e vino, molto spesso rinvenuto anche nei nostri territori) nasce da vigneti di oltre trent’anni posti a 320 metri di altezza nella zona tra
Canale di Pirro e
Selva di Fasano, zona ricca dei caratteristici
trulli, la vinificazione avviene esclusivamente in acciaio, senza ricorso alla malolattica ed il vino è impreziosito, soprattutto dal punto di vista aromatico, dalla presenza di un 10% di uve Minutolo.
Il risultato è un bianco, presentato in una bella bottiglia borgognona, che mi ha convinto per la sua franchezza e ricchezza di sale, per la mineralità petrosa di cui ha dato prova. E che mi ha fatto pensare sarebbe perfetto in abbinamento a piatti estivi che adoro come cozze alla marinara, spaghetti alle vongole, antipasti e primi a base di pesce in preparazioni varie senza pomodoro, solo con aglio e prezzemolo. Colore paglierino di media intensità ma brillante e traslucido con riflessi metallici, mostra un naso ben secco non proprio esplosivo, tutto fiori bianchi e fieno e accenni di frutta bianca, come accade sempre con la Verdeca, con una vena leggermente agrumata e di erbe aromatiche conferita dalla quota di Minutolo. La bocca è scattante, viva, con bel nerbo sapido, incisività e verticalità equilibrio, continuità e piacevolezza.
Una Verdeca che si fa bere, questa la sua mission, decisamente bene.