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Lambrusco

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Pubblicato il 23.09.2020

STORIA


Il Lambrusco è stato per molto tempo il vino italiano più venduto, con circa 400 milioni di bottiglie all'anno e solo in anni recenti è stato superato dal Prosecco.

Quella dei Lambrusco è una famiglia allargata che comprende diverse varietà di viti a frutto colorato, imparentate tra loro. I vini che ne derivano sono quasi sempre frizzanti o spumanti, secondo una consolidata tradizione che esalta, con la "presa di spuma", la loro piacevolezza. Al registro nazionale sono iscritte tredici differenti varietà di Lambrusco. Ne ricordiamo le principali: Lambrusco Salamino, L. Mantovano, L. di Sorbara, L.Grasparossa, L. Maestri, L. Viadanese, L. Marani.

Varietà tipiche della pianura emiliana e delle prime colline verso l'Appennino, i Lambrusco potrebbero essere, secondo i genetisti, i "più autoctoni" tra tutti i vitigni autoctoni italiani. Infatti, mentre la maggior parte dei vitigni coltivati italiani sono ritenuti originari dell'Oriente (Asia minore e Mesopotamia) oppure frutto di incroci tra viti europee selvatiche o domesticate e varietà orientali, nei Lambrusco sembrano predominare geni indigeni europei, come dimostrano alcune affinità con le ultime viti silvestri selvatiche d'Europa.

Anche le tradizionali forme di impianto “a chioma espansa”, quali le alberate, in cui le viti si arrampicavano sugli alberi similmente a quanto avviene in natura, poi trasformate in pergole, rimandano a tempi antichi, quelli della viticoltura degli Etruschi.

Nel passato quella del Lambrusco era spesso una viticoltura promiscua, cioè le viti erano molto distanziate e l'interfilare era coltivato, nell'ambito di un modello tipico del podere a mezzadria. Oggi si tratta invece di una viticoltura specializzata, spesso anche altamente meccanizzata. Il che, insieme al fatto che le produzioni sono piuttosto generose, ha i suoi riflessi sul prezzo di questi vini che in genere è abbastanza popolare, anche se non mancano bottiglie di marchi prestigiosi meritatamente più costose.

La fine della mezzadria portò alla formazione di molte piccole proprietà contadine, le quali, a loro volta, diedero origine con il tempo alla formazione di grandi società cooperative, che vinificano oggi la maggioranza delle uve Lambrusco (Cantine Riunite di Reggio Emilia, insieme alla consociata GIV, è la più grande azienda vinicola italiana in termini di fatturato), ma non mancano piccoli produttori artigiani.

Lambrusco

TERRITORIO


Si produce Lambrusco soprattutto nella "bassa" emiliana, nelle province di Modena e Reggio Emilia in particolare; più ridotte ma di pregio sono le produzioni della provincia di Parma e di quella di Mantova. La maggior parte del Lambrusco si coltiva in pianura, ma ci sono anche ottimi vini prodotti in collina, alle falde dell'Appennino parmense, modenese e reggiano. Nel complesso abbiamo quindi una parziale sovrapposizione con le terre del Parmigiano, del prosciutto, del culatello, dell'aceto balsamico,  quella che è stata definita la Food Valley italiana.

Quelle menzionate sono le zone classiche delle diverse DOC del Lambrusco, mentre la denominazione Lambrusco Emilia IGT si estende verso Est e abbraccia anche parte della Romagna (dove il rosso della tradizione è però il Sangiovese).

Lambrusco

TIPOLOGIE


La tradizione del vino rosso frizzante trova in Emilia Romagna la sua massima espressione e resiste a tutte le mode, mentre in altre zone del Nord Italia persiste, ma con numeri ridotti rispetto al passato. E’ una tradizione in parte legata al clima: un tempo le vendemmie erano più tardive, le cantine più fredde e la tecnica enologica più primitiva, quindi i vini spesso non terminavano la fermentazione in autunno, e, se imbottigliati in primavera (per tradizione con la “luna di marzo”) riprendevano a fermentare in bottiglia diventando frizzanti. Era un fenomeno piuttosto casuale e di difficile controllo, con bottiglie che scoppiavano o vini che “non ripartivano” e restavano dolci.

Oggi il processo è molto più controllato, in genere la “presa di spuma” avviene in autoclave e il vino viene filtrato prima di andare in bottiglia: ma non mancano Lambrusco artigianali “col fondo”, che rifermentano in bottiglia come un tempo e, poiché non subiscono alcuna sboccatura (il cosiddetto “dégorgement” tipico degli spumanti metodo classico), depositano sul fondo un residuo torbido naturale.

Le denominazioni di origine principali sono sette

Colli di Scandiano e di Canossa DOC, Lambrusco Salamino di Santa Croce DOC, Lambrusco di Sorbara DOC, Reggiano DOC, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC, Modena DOC, Lambrusco Mantovano DOC.

Alcune di queste prevedono tipologie diverse in base alla varietà di Lambrusco predominante (ad esempio Reggiano Lambrusco Salamino). Poi c’è la già citata IGT Emilia, che comprende una zona molto estesa, fino alla Romagna.

Lambrusco

ASPETTO, ODORE, SAPORE


Solitamente i Lambrusco sono vini di bassa o al massimo media gradazione alcolica, con colori brillanti e profondi e schiuma tendente al violaceo, con l'eccezione del Lambrusco di Sorbara che va dal rosato al rosso rubino chiaro. Il Lambrusco Ancellotta è un tradizionale vino da taglio per rinforzare il colore di altri vini, e da questo si capisce perché viene chiamato anche “rossissimo”. 

Possono essere secchi (meno di 10 grammi/litro di zucchero residuo), abboccati (da 10 a 30 grammi/litro) o amabili (da 30 a 50 grammi/litro), più raramente dolci (oltre 50 grammi/litro di zuccheri).

Poiché le tipologie sono molte è difficile dare una descrizione precisa dei Lambrusco, si può dire che sono vini dalla beva facile, con la loro spuma allegra, dagli aromi fruttati e floreali, talvolta con tannini un po’ ruvidi e amaricanti ma ben bilanciati dal residuo zuccherino. 

ABBINAMENTI A TAVOLA


Fette di una buona coppa o di un buon salame in un panino, o in combinazione al gnocco fritto  o alle crescentine, sono senza dubbio i compagni di merenda più classici del Lambrusco. Un rito totalmente emiliano. Ma nulla vieta altri matrimoni, più classici come un Lambrusco secco con tagliatelle al ragù, o più ardimentosi, come un Lambrusco amabile con un formaggio erborinato forte come il Roquefort. 

a cura di Maurizio Gily, agronomo ed esperto di enologia
 

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