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Moscato d’Asti e Asti spumante

Moscato d’Asti e Asti spumante
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Pubblicato il 14.10.2020

STORIA

Come per il Lambrusco, anche quella dei Moscato è una famiglia allargata di vitigni, che hanno in comune l’aroma. Qui parleremo soprattutto della varietà più diffusa e famosa: il Moscato bianco, o Moscato d'Asti Canelli, che chiameremo da qui in poi “Moscato” tout court; i francesi lo chiamano Muscat a petits grains, cioè ad acini piccoli, mentre quello ad acini grandi è il Moscato di Alessandria o Zibibbo, il cui prodotto enologico più famoso è il passito di Pantelleria. Ci sono poi il Moscato giallo (o fior d’arancio), il Moscato rosa e altri ancora.

Si ritiene che il Moscato sia originario dell’Oriente, forse della Siria, e si potrebbe considerare un vitigno mediterraneo per eccellenza; lo troviamo infatti lungo le coste, dal Libano alla Grecia (famoso quello dell’isola di Samo) nell’Italia del sud (famosi quelli di Trani e di Noto), nella Francia del sud (Muscat de Frontignan e de Rivesaltes), fino alla Corsica (Moscato de Cap Corse) e al sud della Spagna.

In quanto al Piemonte, dove c’è la più alta concentrazione di Moscato del mondo, il mare non c’è, ma non è lontano: la fascia del Moscato lambisce infatti l’Appennino ligure. 

L’origine dell'ampia diffusione in Piemonte, nel sud astigiano e nell’Alto Monferrato (che è quello più meridionale), viene fatta risalire a cavalieri piemontesi di ritorno dalle crociate. 

La coltivazione del Moscato in Piemonte ha avuto una grande espansione dalla fine dell’Ottocento fino agli novanta del Novecento, parallelamente al crescente successo commerciale dell’Asti spumante, che è il vino più conosciuto al mondo fatto con il Moscato. Una storia che inizia con Carlo Gancia, fondatore della nota cantina, che cominciò a produrre uno spumante a Canelli nel 1865, dopo un apprendistato da spumantista nella Champagne e lo chiamò “Moscato Champagne”. Infatti a Canelli c’era il Moscato, e una bella collina di marna bianca, sotto cui scavare lunghe gallerie per il riposo delle bottiglie a temperatura bassa e costante.

Moscato d’Asti e Asti spumante

TERRITORIO

Il Moscato ha molte patrie: qui parleremo di quella piemontese. Piante e filari di Moscato per la produzione familiare di un vino dolce sono da sempre diffuse in tutto il Piemonte, ma è soprattutto nella zona di Canelli (a sud di Asti) che il Moscato ha una lunga tradizione di coltivazione anche a fini di commercio. Nel tempo il vitigno guadagnò terreno occupando un’ampia fascia collinare nel Piemonte meridionale, dalla valle del Belbo fino a quella del fiume Bormida, che bagna la bella cittadina di Acqui Terme e il paese di Strevi.

Proprio Strevi, insieme a Canelli, offre la più famosa DOC “village”, come direbbero i francesi, del Moscato piemontese. Il clima di queste colline, più fresco, soprattutto di notte, rispetto ad altre zone dove si coltiva il Moscato, insieme ai suoli calcareo-marnosi, determina i caratteri peculiari di questi vini, dai profumi floreali e agrumati, freschi ed eleganti.

TIPOLOGIE

É noto che con il Moscato si fanno soprattutto (ma non solo) vini dolci. Il Piemonte è però l’unica regione dove il Moscato viene tradizionalmente vinificato con le “bollicine”. E anche oggi quello di un vino dolce, frizzante o spumante e a bassa gradazione (da 4,5 a 6,5 gradi di alcol per il Moscato d’Asti, da 6 a 9,5 gradi per l’Asti Spumante) rimane quasi l’unico modo di vinificarlo.

Sul merato si trovano due tipologie di bollicine: Il Moscato d’Asti e l’Asti spumante, entrambi vini a DOCG. La differenza immediatamente visibile è nella forma della bottiglia e nel tipo di tappatura.

Il Moscato d’Asti ha il tappo raso come i vini fermi, mentre l’Asti spumante ha il “capsulone” con la gabbietta e la bottiglia pesante tipica degli spumanti. Nella sostanza, la differenza risiede nel residuo zuccherino, più alto nel Moscato (meno zuccheri fermentati, quindi più zucchero e meno alcol), e nel diverso grado di effervescenza, maggiore nell’Asti spumante. In termini normativi il primo è un vino frizzante e il secondo uno spumante. Inoltre, solitamente l’Asti è prodotto da grandi case spumantiere e in quantità industriali, mentre il Moscato d’Asti rimane un prodotto più legato al mondo contadino e alle piccole e medie aziende, che dedicano a questo vino cure molto attente a partire dal vigneto. L’Asti da poco viene prodotto anche in una versione “Asti secco” che ha un residuo zuccherino più basso come dice il nome.  

La “presa di spuma” avviene solitamente in autoclave, con il metodo Martinotti (detto anche Charmat), ma esistono rare versioni ottenute con il metodo classico (rifermentazione in bottiglia), come ai tempi di Carlo Gancia.

Moscato d’Asti e Asti spumante

ASPETTO, ODORE, SAPORE

Le uve da vino si distinguono in uve aromatiche e uve a sapore semplice. Il Moscato è il principe delle varietà “aromatiche”. La categoria comprende quelle uve ricche di aromi che rimangono quasi inalterati nel corso della vinificazione, mentre le uve a sapore semplice possono dare vini profumati, ma sono profumi che si formano solo durante la fermentazione e l’affinamento; se si annusa un mosto di Sangiovese appena pigiato ad esempio non si sentono profumi particolari ma solo un vago odore vegetale, mentre un mosto di Moscato profuma “di Moscato”. Questi aromi appartengono alla categoria chimica dei terpeni e li troviamo anche, ad esempio, nella buccia degli agrumi, nelle rose e in piante aromatiche come la salvia e il timo: sono questi alcuni dei descrittori olfattivi che si possono spesso rintracciare nel Moscato.

Il vino ha un colore paglierino che tende all’oro con uve molto mature o sovramature o appassite. Nei vini spumanti e frizzanti come sempre si deve apprezzare la finezza del perlage. Il sapore dolce deve essere bilanciato da una buona acidità (e qui il clima temperato delle colline più alte aiuta, mentre preoccupa un po’ il riscaldamento climatico).

Moscato d’Asti e Asti spumante

ABBINAMENTI A TAVOLA

Il Moscato è soprattutto un vino da dessert, o da “merenda” (la bassa gradazione è in questo senso un grosso punto a suo favore). L’abbinamento con la torta di nocciole è il sommo della classicità. Bene anche con biscotti e pasticceria varia, e anche con panettone e pandoro.

Sono stati proposti abbinamenti più audaci: con salame e insaccati in genere, dove il sale fa da contrappunto alla dolcezza, formaggi erborinati o stagionati, e persino con le ostriche. Altra opzione: l’aperitivo. Un vino dolce come aperitivo può sembrare strano, anche se un vermut, ad esempio, non ha meno zucchero di un Asti. Infine, il Moscato è impiegato in svariate ricette, dal più classico zabaione al Moscato a molteplici creazioni degli chef più famosi, che spaziano tra il dolce e il salato, usando questo straordinario ingrediente.

Una raccomandazione importante: va servito freddo, a 6-7 gradi

a cura di Maurizio Gily, agronomo ed esperto di enologia

Fotografie: Archivio Consorzio dell'Asti e del Moscato d'Asti Docg   

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