Che senso ha parlare di un mito come il Vin Santo di Montepulciano Occhio di Pernice di Avignonesi? Domanda lecita. Lecita quanto chiedersi il senso di narrare una bottiglia - anzi: una mezza bottiglia -, con un prezzo da asta (siete avvisati). In effetti chi scrive sente addosso un certo senso di inadeguatezza. Ma tant’è. Ma una inadeguatezza che va di pari passo allo stupore.
E poi nulla di meglio per onorare la Pasqua che aprire un Vino Santo. Anche se il nome forse non è una eredità pasquale, ma si riferisce all’isola di Santorini, che dà dei Vinsanto straordinari, acidi, madeireggianti (ma non semicotti come quelli atlantici).
Si diceva dell’Occhio di Pernice di Avignonesi.
Sangiovese in purezza, cosa che spiega il finale amarognolo e con qualche traccia di tannino. Ma cominciamo dall’inizio. Color nocino abissale, lucido, con bordo mogano e riflessi arancioni, il vino ha la consistenza di uno sciroppo e una concentrazione al di là di ogni possibile immaginazione. Merito soprattutto di un imponente residuo zuccherino. I profumi sono una palestra di analogie che vi lasciamo con piacere. Noi ci limitiamo a ravvisare una definizione non proprio cristallina. Ma resta bottiglia eccellente nella qualità. E di rango (parametro differente dalla qualità) imperiale.
Consiglio: bevetelo da solo dopo un caffè amaro. O prima del caffè con della frutta fresca di puro appoggio. E state pur tranquilli che se lo avrete aperto questa Pasqua, il 27 marzo 2016 sarà ancora buono.